mercoledì 17 dicembre 2014

Il Tottenham nel destino dei viola

Anche stavolta l'urna di Nyon non ha sorriso alla Fiorentina. Il club dei Della Valle, nonostante l'ottimo percorso europeo e il primato nel girone, si troverà ad affrontare il temibile Tottenham.
Le possibili avversarie dei viola ai sedicesimi di finale di Europa League erano molte e di differente pericolosità: si andava dal Dnipro all'Aalborg, passando per il Trabzonspor. Tutte squadre, queste, non certo irresistibili. Il destino, invece, ha voluto complicare subito la strada alla Fiorentina con un accoppiamento da brividi, se pensiamo che a febbraio i ragazzi di Montella calcheranno il manto erboso di White Hart Lane. La gara di andata, infatti, verrà disputata a Londra il 19 febbraio, mentre per vedere al Franchi Lamela e compagni occorrerà aspettare altri sette giorni. Un vantaggio, quello di giocare il ritorno tra le mura amiche, non da poco, considerando il clima caldissimo che caratterizza ogni partita del calcio inglese. 
Il Tottenham, forse ancor più del Liverpool, era un'avversaria da evitare perché autentica mina vagante: in Premier League non ha ancora battuto una big, collezionando sette vittorie, tre pareggi e sei sconfitte in sedici giornate, condite con venti gol segnati e ventidue subiti. Un ruolino di marcia non certo esaltante. Di contro, però, la Fiorentina dovrà far attenzione ad alcuni grandi giocatori presenti tra le fila degli 'Spurs', come per esempio Eriksen, Adebayor, Chadli e lo stesso Lamela, uomini in grado di accendersi improvvisamente nelle partite che contano.
Un aspetto da non sottovalutare è il diverso modo di giocare delle due squadre: gli avversari hanno grandi individualità, ma una scarsa concezione del gioco corale; la Fiorentina, nonostante possa vantare spiccate doti a livello di singoli, ha basato la sua manovra sulla collettività. Un'arma che può rivelarsi determinante, perché dove non arriva il singolo con un colpo di genio può arrivare la squadra, intesa come gruppo di calciatori dediti alla stessa causa. 
Ciò che forse dovrebbe spaventare maggiormente i gigliati è la grande intensità degli inglesi, negli ultimi anni mal digerita dal calcio italico. Se i viola riusciranno a far girare il motore ad un numero di giri più elevato del solito, potranno certamente dire la loro sul piano della tecnica e della classe. 
Tutto questo ci fa pensare ad un match tanto aperto nel risultato finale quanto spettacolare. Battere gli uomini di Pochettino significherebbe lanciare un segnale forte e chiaro a tutte le pretendenti alla vittoria finale, candidandosi di fatto tra le favorite. Intanto in città, superato il disappunto per lo sfortunato sorteggio, serpeggia un timido ottimismo e una profonda impazienza per una partita che nessuno vuole perdere: il Tottenham e le compagnie aeree che coprono la tratta Firenze-Londra sono avvertite, Firenze ci sarà!

domenica 26 ottobre 2014

Il Classico è del Real, ma i segnali sono incoraggianti

Risveglio amaro questa mattina per gli appassionati di calcio di fede blaugrana. Il classico di ieri sera non è andato come molti si aspettavano, ma ha comunque dato alcune risposte positive. 
Se ci chiedevamo se il Real Madrid fosse più forte del Barça, la risposta è sì. Se ci interrogavamo sul fatto che la squadra di Luis Enrique potesse essere competitiva per vincere la Liga, la risposta è di nuovo sì . 

È vero, i blancos hanno vinto bene: sono riusciti a ribaltare il risultato, hanno segnato il terzo gol e non hanno corso troppi rischi, quantomeno nel secondo tempo. Ma è altrettanto vero che Messi e compagni non sono usciti dal campo ridimensionati come alcuni temevano. Il possesso palla è stato, ancora una volta, a favore degli azulgrana, ci sono state delle occasioni per rientrare in gara, e i gol (il primo e il terzo) vengono da errori individuali. Nell'analisi della gara non possiamo tralasciare alcuni importanti dettagli: innanzitutto, ieri sera in campo c'erano Piqué, Busquets, Suarez non in condizione. Il primo è irriconoscibile rispetto ai tempi di Guardiola. Ha compiuto anche alcuni interventi degni di nota, ma gli errori pesano tanto sulla sua prestazione. Il secondo continua a giocare (e ad essere impiegato) nonostante soffra di problemi fisici che ne limitano le qualità e il rendimento. Suarez, infine, pur andando oltre alle più rosee aspettative, ha una condizione atletica viziata dal lungo stop impostogli. 
Giocare un classico al Bernabéu con questi tre elementi in campo dal primo minuto, forse, è stato un azzardo. E quindi arriviamo a Luis Enrique. Lungi da me attaccare il tecnico nato a Gijón , specie dopo un avvio di stagione decisamente positivo (ricordiamo che il Barça è ancora primo in Liga), ma certamente alcune sottolineature sono necessarie. Oltre alla scelta di impiegare Piqué, non ho ben capito la decisione di mettere in campo Suarez dall'inizio. I problemi principali per il Barcellona sono nati sulle fasce, dove gli esterni Marcelo e Carvajal hanno decisamente stravinto la sfida. Forse Pedro avrebbe da un lato preoccupato maggiormente la difesa avversaria e dall'altro avrebbe dato maggiore copertura di Suarez. 
Ma le perplessità maggiori nascono anche da altro: Mascherano in difesa è stato fondamentale, ha salvato il risultato con interventi meravigliosi, ma non poteva essere schierato a centrocampo al posto di Busquets? Centrale di difesa non poteva esserci Mathieu, con Alba esterno a sinistra (era in panchina)? Il calcio è bello perché ognuno ha le sue opinioni, ma sta di fatto che la squadra scesa in campo ieri sera non era la stessa delle precedenti partite. Quindi, l'ottimismo che vorrei diffondere questa mattina è dettato da tutti questi fattori: l'allenatore al primo confronto con il Real Madrid, alcuni giocatori non in condizione, errori individuali che si sono rivelati decisivi...tutte cose migliorabili col tempo. Il Barcellona ha ampi margini di crescita, perché Luis Enrique imparerà molto sbagliando, perché Suarez tornerà a far paura agli avversari per grinta e fame di gol, perché Piqué prima o poi dovrà tornare un grandissimo difensore. 
Il Real Madrid all'italiana di Carlo Ancelotti oggi è più forte del Barça, ma il progetto blaugrana è nato soltanto pochi mesi fa e c'è tutto il tempo per tornare ad essere i migliori. 

mercoledì 15 ottobre 2014

Fiorentina su le maniche, ti aspetta un altro tour de force

Nell'era del calcio spezzatino e delle infinite discussioni pro e contro la moviola, la Fiorentina si trova a dover scendere in campo praticamente ogni tre giorni. Il primo tour de force della stagione si è appena concluso: tra campionato ed Europa League sono state sette le partite disputate dai ragazzi di Montella in appena ventidue giorni. Dalla gara casalinga contro il Genoa del 14 Settembre, fino alla grande vittoria contro l'Inter, passando per Guingamp, Atalanta, Sassuolo, Torino e Dinamo Minsk. Ciclo di partite ravvicinate che, a conti fatti, è stato positivo per i viola se pensiamo che ci sono state quattro vittorie e tre pareggi, undici gol fatti e soltanto uno subito. Tra le squadre impegnate nelle coppe, la Fiorentina è stata l'unica a non perdere mai: la Juventus di Allegri ha perso in Champions League contro l'Atletico Madrid; La Roma è uscita sconfitta, tra le polemiche, dallo Juventus Stadium; ben peggio dei viola hanno fatto Napoli, Inter e Torino.
Al termine di questo tour de force, dieci giocatori della rosa viola sono partiti per vestire i colori delle proprie Nazionali. Forse la sosta non è arrivata nel momento migliore, dato che c'erano state due vittorie in appena quattro giorni, ma, se non altro, ha permesso a diversi giocatori di rifiatare e recuperare. Tra questi c'è sicuramente Borja Valero, apparso sottotono dal punto di vista fisico, ma anche psicologico. Lo spagnolo, rimasto seduto in panchina per novanta minuti contro i nerazzurri, rimane un giocatore fondamentale nel centrocampo gigliato e tutti i tifosi sperano di rivederlo prestissimo sui suoi livelli. Almeno altri due attesissimi giocatori potrebbero aver tratto beneficio dall'interruzione del campionato: Mario Gomez e Marko Marin. Il primo aspetta di tornare a disposizione e ritrovare la migliore condizione; il secondo si allena con il gruppo già da un mese e dovrebbe figurare per la prima volta tra i convocati. Rientri importanti in vista del secondo tour de force. Da domenica prossima comincia un altro trittico di partite che, a differenza del precedente, vedrà la Fiorentina confrontarsi con molte pretendenti all'Europa. Si comincerà con la gara del Franchi delle 12:30 contro la Lazio, sfida che potrebbe valere il sorpasso sui biancocelesti; poi verrà la volta della trasferta europea contro il PAOK di Salonicco; Domenica 26 alle 20,45 la squadra di Montella cercherà di sbancare San Siro sponda Milan per la terza volta in tre anni; Dopodiché i viola affronteranno l'Udinese il 29 ottobre nel turno infrasettimanale, la sorprendente Sampdoria di Mihajlović in trasferta il 2 novembre e poi la sfida di ritorno in Europa League contro il PAOK. La lunga serie di partite terminerà con quella al Franchi alle 18 del 9 novembre contro il Napoli, un'ottima occasione di rivincita dopo la cocente sconfitta all'Olimpico in finale di Coppa Italia.

mercoledì 8 ottobre 2014

Rinnovi e nuovi accordi: ecco cosa bolle nel pentolone viola

Anche con la stagione già cominciata il mercato continua a tenere banco. E la Fiorentina sta lavorando al rinnovo di cinque giocatori viola.
Uno di questi è, ovviamente, Juan Guillermo Cuadrado. Il colombiano sembrava destinato a prendere la via di Barcellona o Manchester sponda United e la separazione tra il giocatore e il club dei Della Valle veniva ormai data per certa ed inevitabile. Ma per Cuadrado, forse anche a causa dell'alto valore di mercato attribuitogli dalla Fiorentina, non sono arrivate offerte concrete e soprattutto ritenute soddisfacenti. E cosi il colombiano è rimasto a Firenze. Adesso il ds Daniele
Pradé e il direttore tecnico Eduardo Macia, insieme al presidente esecutivo viola Mario Cognigni e al manager del giocatore Alessandro Lucci dovranno discutere e definire il nuovo contratto. La richiesta è per un allungamento e soprattutto un adeguamento economico, in linea con i 40 e passa milioni di euro chiesti da Andrea Della Valle per l'eventuale cessione del numero 11 viola. Che alla luce di questo mira ad un ingaggio da vero top player. Cuadrado, che al momento guadagna "soltanto" un milione e duecentomila euro, vorrebbe avvicinarsi in modo sensibile agli stipendi dei big viola Mario Gomez e Giuseppe Rossi. La società al momento parte da una base di due milioni, con la possibilità di girare al giocatore la percentuale di una eventuale cessione. E' previsto anche l'inserimento di una clausola rescissoria intorno ai 35 milioni di euro.
Altra situazione che preoccupa il tifo gigliato è quella relativa a Alberto Aquilani. Il centrocampista romano in questo avvio di stagione si sta dimostrando uno dei giocatori più in forma della squadra: corre, imposta, recupera palloni e segna. Il suo contratto scadrà nel 2015, quindi quindi dall'inizio del prossimo anno l'ex giocatore del Liverpool sarà libero di trattare con altri club. Al momento l'accordo tra le parti non è stato trovato anchese la discussione è stata avviata: La società viola propone un biennale con decurtazione del quindici per cento sugli emolumenti oggi incassati. Nell'attesa il procuratore del centrocampista, Franco Zavaglia, fa sapere di non essere fiducioso, nonostante la disponibilità data dal suproprio assistito e più volte ribadita negli ultimi tempi. Certo che Firenze spera di non rivivere un Montolivo bis.
Terzo giocatore nel taccuino di Pradé e Macia è Norberto Neto. Il portiere classe 1989 si trova nella stessa situazione di Aquilani: a fine stagione potrebbe lasciare la Fiorentina. Non è difficile immaginare che il numero uno brasiliano possa essere entrato nel mirino di molte squadre importanti grazie alle buonissime prestazioni sfoderate fin qui. Un anno fa di questi tempi in pochissimi credevano in lui: Montella fu uno di questi. Lasciarselo sfuggire cosi sarebbe un peccato capitale. 
Lo avevano dato per finito, quasi per disperso. Adesso, invece, Juan Manuel Vargas è un elemento da tenere in considerazione: può giocare in più ruoli, ha esperienza, fisicità e personalità. Tutte doti che in campo e nello spogliatoio fanno un gran comodo. I dirigenti, dopo essere stati ad un passo dalla cessione, stanno pensando ad un prolungamento del contratto in scadenza a giugno. Le discussioni al momento sono in fase preliminare, ma non si escludono novità a breve.
Arriviamo, infine, al gioiellino Federico Bernardeschi. Per il giovane nato a Carrara si sta discutendo un prolungamento di contratto con adeguamento dell'ingaggio, a testimonianza della volontà della società di blindare il giocatore. Da parte sua non esiste alcuna incertezza: da dodici anni indossa la maglia viola e non ha intenzione di andarsene proprio adesso che sta diventando un protagonista. Può essere lui il futuro della Fiorentina e il simbolo di un calcio italiano che deve imparare a credere nei propri giovani.

lunedì 6 ottobre 2014

Vidic, la stretta di mano e la borsa tod's

Correva la stagione 2005/06, era la prima Fiorentina dell'era Prandelli-Corvino, una squadra piena di nuovi innesti e carica di grandi sogni. In attacco un acerbo Pazzini faceva da riserva ad uno scatenato Luca Toni, Stefano Fiore ricamava assist da vero numero 10 e Montolivo era solamente una bella promessa. Nonostante il freddo di gennaio, i tifosi gigliati erano caldi per un mercato che, a detta di molti, avrebbe dovuto regalare alla squadra un grande colpo. Il giocatore in questione era Nemanja Vidic, allora difensore dello Spartak Mosca, vicinissimo ad indossare la casacca viola dopo un anno e mezzo passato in Russia.

Il giocatore serbo avrebbe dovuto completare un reparto composto, tra gli altri, da Dainelli, Gamberini e Krøldrup, contribuendo a dare solidità e sicurezza. L'accordo tra il difensore e il direttore sportivo viola era già stato trovato, ma un colpo di sfortuna cambiò le carte in tavola: il Manchester United perse per infortunio Rio Ferdinand, e cosi decise di puntare forte sul giocatore corteggiato dai viola. L'offerta dei Red Devils fu troppo alta per lasciare dubbi. Il serbo prese la strada di Manchester, di Sir Alex Ferguson, dei soldi e dei trofei...lasciando con l'amaro in bocca l'intera tifoseria viola. Nonostante la stretta di mano che proprio Corvino aveva raccontato a tutti prima dell'apertura del mercato di di gennaio, dando l'affare praticamente per definito (e definitivo).
L'intuizione dell'allora direttore sportivo, se fosse andata in porto, sarebbe stata geniale, perché nei successivi anni Vidic si confermò uno dei migliori difensori d'Europa. Affiancato a Ferdinand, ha fatto le fortune del club inglese per più di otto primavere. Stagioni in cui ha alzato al cielo cinque campionati inglesi, una Champions League e una Coppa del mondo per club.
Adesso, però, il difensore classe 1981 è nerazzurro, è alla corte di Walter Mazzarri e per la prima volta abbiamo l'opportunità di vederlo calcare il campo dell' Artemio Franchi. I fiorentini lo avrebbero tanto voluto in viola, invece questa sera giocherà da avversario. La Fiorentina che fu vicinissima al suo ingaggio non c'è più: allenatore e direttore sportivo sono altrove e la rosa è stata completamente rivoluzionata (fatta eccezione per capitan Pasqual), ma i Della Valle ci sono ancora. E allora, se non altro, potrebbe essere la giusta occasione per restituire l'ormai celebre borsa della Tod's regalatagli da Corvino ben 8 anni e mezzo fa.

lunedì 22 settembre 2014

Atalanta-Fiorentina: una vittoria fondamentale

Campo da sempre ostico, tante assenze e i primi mugugni da parte dei supporters viola dopo il pareggio casalingo contro il Genoa. Queste le condizioni in cui la Fiorentina è riuscita a portare a casa la vittoria contro l'Atalanta. Quella di Bergamo è da considerarsi una vittoria fondamentale, non soltanto per i (primi) 3 punti, non solo per la classifica (decisamente migliore dopo i passi falsi di Napoli e Milan) ma soprattutto per il morale. I ragazzi di Montella erano apparsi privi di incisività e cinismo nella partita di 7 giorni fa, e tutti si aspettavano un cambio di rotta. Chiaro e immediato. Cambio di rotta che c'è stato. 
La squadra vista a Bergamo non è stata bella, non ha creato decine di palle gol, non ha dominato gli avversari né tenuto sempre in mano il pallino del gioco, ma ha saputo colpire con spietatezza prima e resistere agli attacchi degli avversari poi. Il primo gol di Jasmine Kurtic in maglia viola consegna una grande dose di fiducia ad una squadra che ha bisogno come il pane di vittorie come quella di ieri sera: le grandi squadre non sono solamente quelle che giocano bene e meritano ampiamente la vittoria, ma anche quelle che nella sofferenza e nella difficoltà riescono a compattarsi, stringere i denti e trarre il massimo risultato. La Fiorentina di ieri può non essere piaciuta a molti, ma ha dato prova di grande praticità e maturità. Qualità, queste, indispensabili per puntare ad importanti traguardi (Champions?).
Con Borja Valero e Pek seduti in panchina, Montella ha rispolverato Mati Fernandez mezz'ala sinistra: il cileno è risultato tra i migliori in campo, per qualità ma anche per quantità di palloni giocati. Neto si è confermato decisivo in più di una occasione, a testimonianza che puntare su di lui è stata una scelta azzeccatissima. Rimandato, invece, Alonso centrale sinistro nella difesa a tre. 
Tra due giorni la squadra ritornerà in campo per la partita casalinga contro il Sassuolo di Di Francesco: una partita che si preannuncia insidiosa, ma che la Fiorentina dovrà essere brava e decisa a vincere. Magari con l'aiuto dei rientranti Pizarro e Borja Valero.

mercoledì 25 giugno 2014

Un campione da non imitare

La partita di ieri pomeriggio tra Italia e Uruguay ha dato molti spunti di riflessione. Oltre alla disfatta italiana, abbiamo assistito ad un gesto altamente censurabile: Luis Suarez che, avvicinatosi a Chiellini in una normale azione di gara, ha addentato la spalla del difensore azzurro. L'arbitro non ha visto, un po' per sua incapacità, un po' per la velocità con la quale il giocatore del Liverpool ha imparato a mordere la preda. Ha imparato, appunto. Non è la prima volta. 
Nel 2010 la partita era Ajax-Psv e la "vittima" fu il centrocampista Otman Bakkal. Quel gesto costò al talento uruguayano diverse giornate di squalifica. Sedere in tribuna mentre i compagni giocavano non si rivelò efficace a curare la mente del giocatore, dato che nel 2013 i canini di Suarez colpirono ancora. Questa volta la sua follia si avventò su Branislav Ivanovic, difensore del Chelsea (Suarez giocava nel Liverpool). Anche questo episodio fu punito con una squalifica. 

Davvero triste pensare che un campione del calibro di Luis Suarez, capocannoniere quest'anno in Premier League con 31 reti, possa avere momenti di tale follia da mettere a rischio un'intera carriera. Il gesto di ieri pomeriggio verrà certamente punito e l'immagine di un grande giocatore, ma soprattutto dell'uomo, sarà ancora più sbiadita.
Se non altro, volendola buttare sul ridere, potremmo dire che l'uruguayano ha il futuro assicurato: nel caso in cui qualche regista avesse in mente di mettere in scena il remake di Hannibal, non potrebbe non tener conto della candidatura di Suarez. 

C'è anche qualcuno che dall'insano gesto del numero 9 ha tratto guadagno. Ovviamente non è Chiellini. Sto parlando di un ragazzo norvegese, Richard Helmersen, che ha avuto il coraggio di scommettere 100 corone (circa 12 euro) sul morso di Suarez al Mondiale. Un sito pagava 175 volte la posta, e il ragazzo ha vinto circa duemila euro. L'originale scommettitore, intervistato dopo la vincita, ha dichiarato: "Mi sono chiesto se fosse cosi stupido da farlo di nuovo. Dato che giocava contro Italia e Inghilterra, ho pensato potesse innervosirsi ed ho scommesso". 

martedì 24 giugno 2014

La disfatta italiana

L'Italia è già fuori dal Mondiale: poche le scusanti e molti gli errori commessi. 
Dopo il triplice fischio di Italia-Uruguay, Prandelli e Abete si sono dimessi dai loro incarichi, riconoscendo il totale fallimento della spedizione azzurra. La squadra capitanata da Buffon ha raccolto tre punti in tre gare, una sola vittoria contro l'Inghilterra (che a questo punto è ridimensionata) e due sconfitte cariche di accuse nei confronti del ct. La sconfitta contro la Costa Rica aveva evidenziato l'incapacità dell'Italia di essere pericolosa, resistere agli avversari dal punto di vista fisico ed evidenti errori tattici (per esempio schierare il solo Balotelli in attacco, contro la difesa a 5 dei costaricani). Il match contro l'Uruguay, invece, ha messo in mostra la scarsa personalità di questo gruppo, sorretto soltanto dai (vecchi) senatori Buffon, Pirlo e Chiellini. Poca personalità nell'accontentarsi dello 0-0 (risultato che premiava gli azzurri) e nella mancanza di reazione dopo il gol di Godin. Nella partita di oggi c'è stato di tutto: la sostituzione a metà gara di un deludentissimo Balotelli, un discutibile cartellino rosso a Marchisio, un rigore non concesso all'Uruguay e un morso di Suarez a Chiellini. Sta di fatto che l'Uruguay passa agli ottavi di finale della Coppa del Mondo, mentre noi torniamo a casa col capo chino, pieni di recriminazioni e rimpianti. Rimpianti riguardanti le convocazioni, la logistica del ritiro azzurro, la formazione schierata, i cambi a partita in corso... 


Prandelli, nelle parole post gara, ha parlato del clima attorno alla squadra, di essersi sentito definire un ladro che ruba i soldi...la realtà è che l'ex tecnico della Fiorentina doveva dimettersi perché il suo progetto tecnico-tattico è fallito, il rapporto con la squadra si è rotto, perdendo cosi il controllo su di un gruppo che forse già dall'inizio della competizione brasiliana non ne condivideva più le idee.

Dispiace vedere i 4 volte campioni del mondo andare alla deriva cosi, senza un minimo di orgoglio, senza idee, senza tiri in porta, senza cuore. Balotelli è l'emblema del moderno calcio italiano: montato, svuotato, triste, privo di umiltà, superficiale. Come il nostro calcio, anche Balotelli si perde in un bicchier d'acqua, continua ad avere un potenziale che forse non riuscirà mai a dimostrare veramente. 
Le idee di Cesare erano lodevoli: uscire dal classico catenaccio-contropiede all'italiana, inculcare una idea di gioco alla squadra, cercare il possesso palla e la vittoria in ogni partita, indipendentemente dagli avversari. Tutte cose che in Brasile non abbiamo visto. Soltanto nella prima gara siamo stati capaci di unire gioco e praticità, complice anche la serata di grazia di alcuni (Candreva e Balotelli ad esempio), che purtroppo non si è ripetuta. Probabilmente l'Italia non è in gardo di snaturarsi, di mutare un gioco che da troppi anni ormai mette in pratica. Il possesso palla continuato è utile se poi verticalizzi, se hai una prima punta che dà profondità, se i centrocampisti accompagnano l'azione offensiva...altrimenti diventa uno sterile possesso palla he non fa altro che contribuire a renderti lento e prevedibile. 

Una delle critiche rivolte a Prandelli riguarda le convocazioni. Trovo estremamente facile criticare le scelte del ct nel momento in cui veniamo sbattuti fuori dalla competizione. In questi venti giorni nessuno (o pochissimi) ha acceso il microfono o impugnato la penna per dire che Cassano doveva restare a casa, che Balotelli non meritava di essere al centro del progetto, che Rossi e Destro dovevano partire per il Brasile ecc... l'onestà intellettuale impone che non si cominci adesso a dire tali cose, anche se condivisibili. Era oltremodo prevedibile che Cassano, considerando i molti gradi e l'elevata umidità, avrebbe faticato non poco a correre e dare ciò che si aspettava Prandelli. Era facile immaginare che Balotelli si sarebbe rivelato per l'ennesima volta un mezzo grande giocatore, più campione sui social che sul rettangolo verde. Tutte cose semplici e vere, che però dovevano essere dette prima. 

Dopo la pessima figura torniamo a casa e rimangono soltanto le macerie attorno agli azzurri, ma anche attorno a tutto il calcio italiano:  povero di giovani e ricco di "vecchi", povero di italiani e ricco di stranieri (che spesso non hanno niente in più dei nostri). 
Rimane un calcio che non è più competitivo a livello europeo e mondiale, e ne è la miglior dimostrazione la Juventus, schiacciasassi in Serie A e sbeffeggiata in Champions League. Persiste un paese immobile di fronte ai propri problemi: stadi obsoleti e fatiscenti che, anno dopo anno, si svuotano sempre più. E nessuno fa niente. Nessuno sa cosa fare per porre rimedio a tutto questo. Troppo semplicistico dire "ripartiamo dai vivai", si deve fare. Il tempo delle parole è ormai concluso. La disfatta mondiale ci dà una occasione più unica che rara: cancellare tutto, azzerare gli errori e ripartire con nuovi uomini, regole migliori e ritrovati valori.

Fiorentina, tre mosse di mercato da non fare

In queste ore, nonostante sia in corso il Mondiale brasiliano, tiene banco il mercato. Molti gli affari in cui la Fiorentina sembra inserita e pronta ad operare con i suoi due uomini di mercato Pradé-Macia, con il benestare di Andrea Della Valle. Per il momento sono stati due i colpi messi a segno dai direttori viola: Tatarusanu, gigante portiere rumeno ex Steaua Bucarest, e l'importante acquisizione dell'intero cartellino di Juan Cuadrado. Il colombiano proprio in questi giorni sta disputando il campionato del mondo, dimostrando anche ai più scettici tutto il suo valore. Ovviamente, però, la novella Cuadrado non è ancora finita. Sull'esterno, infatti, ci sono alcune delle squadre più blasonate al mondo (Barcellona, Bayern Monaco e Arsenal su tutte), pronte ad acquistare immediatamente la vespa viola per una cifra che si aggira sui 30-35 milioni.
Innanzitutto, credo sia necessario ridimensionare un po' il valore del giocatore. Se è vero che Cuadrado è uomo capace di spaccare le partite, terrorizzare le difese, fare gol e servire assist, non soltanto in un campionato, ahimé, sempre più scarso ma anche in una competizione mondiale, allora il suo valore non può che essere più elevato. Questo appare ancor più vero se si dà una occhiata alle pazzesche cifre che vengono spese nel mercato (per giocatori meno forti del nostro Cuadrado oppure per difensori, forti ma pur sempre difensori).
Sono tanti quelli che in questi giorni sperano nella permanenza di JC11 a Firenze, riuscendo cosi a vedere realizzato il sogno di schierare in campo il tridente Cuadrado-Rossi-Gomez. II tifosi (o almeno una parte di loro) credono che questo sogno sia più che possibile, soprattutto ricordando quanto ADV sia uomo di polso duro e di parola. Con Toni prima e Jovetic poi, il Presidente si impuntò e li convinse a restare in riva all'Arno per un altro anno, con la promessa di liberarli per una cifra adeguata l'anno successivo. Questo potrebbe succedere anche con Cuadrado? Non c'è dubbio che Andrea potrebbe mettere in campo la sua volontà di trattenere il giocatore, di far valere un contratto che lo lega ancora a Firenze, però credo che i casi di Toni e Jojo fossero un po' diversi da questo. Il bomber voleva andarsene dopo una stagione stratosferica, che gli valse il titolo di capocannoniere della Serie A e addirittura la Scarpa d'oro. La stagione successiva, però, fu segnata dalla ampia penalizzazione per la Fiorentina. Della Valle, quindi, potè giocare la carta del futuro della squadra viola. Iniziare il campionato con il peso di quella penalizzazione senza il bomber principe, sarebbe stato un suicidio. E Luca restò un anno in più.
Anche il caso di Jovetic fu in parte diverso: il montenegrino espresse la volontà di lasciare Firenze per approdare a Torino sponda bianconera. Smacco non da poco per una società fortemente ostile al club della famiglia Agnelli. ADV quindi parlò con il ragazzo, gliu spiegò le sue ragioni e lo convinse a restare un'altra stagione con la promessa di liberarlo per una grandissima squadra europea. Cosi è stato perché nella stagione successiva il talento montenegrino vestì la maglia del Manchester City.
Le difficoltà di cercare paralleli tra quanto accaduto ieri e quanto invece potrebbe accadere oggi o domani, preclude la possibilità di vedere ancora il colombiano in maglia viola? Assolutamente no, ma i paragoni non credo siano calzanti. Vendere oggi il numero 11 sarebbe un grandissimo errore. Prima di tutto perché le cifre riportate dai giornali nostrani non sono tali da paventare un guadagno cosi elevato per la società viola, che quindi non potrebbe rinforzare a dovere la squadra. Inoltre perché giocatori del calibro di Juan, a giro per il mondo, pur disponendo di una buona cifra da investire, non ve ne sono. Infine, la cessione di Cuadrado rappresenterebbe una ammissione di debolezza da parte della Fiorentina. Una squadra che vuole crescere e ambire a traguardi sempre più prestigiosi non può assolutamente privarsi di un giocatore unico nel suo genere come è la vespa viola, neanche per una offerta cosiddetta folle o irrinunciabile. I fratelli Della Valle non hanno necessità di vendere, tanto meno di svendere, quindi Cuadrado deve restare a Firenze almeno un'altra stagione e contribuire (insieme all'agognato tandem offensivo Rossi-Gomez) a portare in alto la Viola, magari in quell'Europa che conta che da troppo tempo oramai manca ai tifosi gigliati.

Detto della situazione del forte esterno della Fiorentina, la seconda mossa che i dirigenti viola, secondo il mio modesto parere, non dovrebbero commettere è quella di cedere Stefan Savic. Il difensore classe 1991 è molto richiesto, soprattutto in Inghilterra, dove evidentemente lo conoscono bene. Secondo molti potrebbe essere lui la pedina da sacrificare per rinforzare l'organico della squadra. 13 milioni (questa la cifra di cui si parla in questi giorni) per un difensore non sono assolutamente pochi, è vero, ma siamo certi che con tale cifra riusciremmo a prendere un giocatore superiore al montenegrino? Siamo sicuri che a giro ci siano giovani e bravi difensori che facciano al caso della Fiorentina? Anche per lui valgono le ragioni dette per Cuadrado: se Della Valle ha realmente la voglia e l'intenzione di  rafforzare la squadra e puntare dritto al primo trofeo della sua gestione, Savic è un elemento del quale non dovrebbe privarsi. Piuttosto dovremmo concentrare gli sforzi per migliorare gli esterni di difesa e le alternative ai titolari (Gonzalo e Savic, appunto).

E giungiamo cosi alla terza mossa di mercato da non sbagliare: Pizarro e il suo vice.
Tra pochi giorni il contratto del cileno con la Fiorentina scadrà, e ancora non è dato sapere quale sarà il suo futuro. Sta di fatto che la società dovrà muoversi in tutti i casi: se il centrocampista dovesse partire, occorrerebbe un suo sostituto; se invece Pizarro rimanesse ancora viola, e questo potrebbe determinare il conseguente errore, sarà comunque necessario muoversi sul mercato per cercare e trovare un suo vice, un giocatore che abbia le sue stesse caratteristiche (più o meno), in modo da farlo rifiatare senza però cambiare gioco o perdere troppo in termini di palleggio, possesso palla, fluidità in mezzo al campo.
Pizarro, infatti, in questa stagione, ma soprattutto nella prima di Montella, si è dimostrato un giocatore fondamentale per la squadra, uomo in grado di accendere la luce di un centrocampo altrimenti un po' spento, lento, carente di geometrie. Non è un caso che Vincenzo chieda ormai da un anno e mezzo di acquistare un vice Pizarro: il tecnico campano sa benissimo che il gioco passa sempre dai suoi piedi e viene determinato dalle sue condizioni fisiche e psicologiche.
Iniziare la stagione senza avere un vice Pizarro potrebbe essere un errore fatale per una squadra che, soprattutto nell'anno post Mondiale, può essere la sorpresa del campionato.

giovedì 19 giugno 2014

La caduta degli dei spagnoli

In molti si aspettavano che la Nazionale spagnola non sarebbe riuscita a bissare il successo del 2010, nessuno però avrebbe mai immaginato che dopo solamente due giornate i campioni di tutto sarebbero già stati fuori dal Mondiale brasilano. Perdendo la seconda partita consecutiva dopo quella con l'Olanda di Robben, la roja riceve uno schiaffo morale veramente difficile da incassare. Iniesta e compagni non sono stati capaci di impensierire la nazionale allenata da Van Gaal prima e il Cile poi, mostrandosi scarichi, sulle gambe, non pungenti. 
Tra la conquista del titolo e una uscita dalla coppa cosi ingloriosa può, e deve, esserci una giusta via di mezzo. Una squadra che può vantare Casillas, Piqué, Sergio Ramos, Xavi, Iniesta, Diego Costa e molti altri, non può prestarsi ad una figura cosi brutta contro squadre che sulla carta sono inferiori.

Analizziamo i possibili motivi di questa debacle:
Ciò che possiamo immediatamente osservare è il fatto che la squadra è composta da molti giocatori di Barcellona e Real Madrid. Potremmo dire che vi sono due anime, due blocchi principali. Il blocco del Barça già con la squadra di club è apparso in netto calo psico-fisico. E' normale che Xavi, arrivato ad una certa ètà e dopo aver vinto tutto, si sia un po' fermato e mostri il logorio del tempo. Piqué ormai da due anni non è più il difensore centrale insuperabile che avevamo imparato a conoscere. Jordi Alba è certamente un ottimo elemento ma non può fare la differenza in un Mondiale. Iniesta è apparso un po' sotto tono, ma forse è stato il migliore tra i catalani.
Il blocco del Real, invece, avrebbe dovuto essere in una annata di grazia dopo la bella vittoria in Champions League. Invece non si è rivelato minimamente all'altezza della competizione (vedi Casillas su tutti). Probabilmente sono stati un po' troppo esaltati per la vittoria con i blancos, che a conti fatti è soprattutto merito di Cristiano Ronaldo. Purtroppo per loro, però, CR7 è portoghese, non spagnolo. Forse questa incredibile stagione è stata più stancante di quel che si pensasse, basti ricordare l'incredibile cammino dell'Atletico Madrid di Diego Simeone. 
Possiamo dare la colpa di questo flop alla sola stanchezza di un gruppo? Oppure all'inevitabile declino di alcuni giocatori? Non credo. Possiamo parlare di fine del tiqui-taca?  E' la fine di un ciclo?
Credo che nessuno possa rispondere con assoluta certezza a tali quesiti, molto probabilmente la figuraccia mondiale della squadra allenata da Del Bosque è figlia di tante cause, di tanti fattori negativi. Come detto e scritto molte volte, il tiqui-taca è producente se e solo se gli uomini che lo interpretano sono al top della condizione fisica e psicologica. Troppo facile per una squadra come l'Olanda chiudersi, aspettare di riconquistare palla e colpire in contropiede la Spagna se i suoi uomini chiave sono stanchi, lenti, imprecisi e apparentemente privi di stimoli. Sulla base di queste considerazioni, ritengo che la filosofia nata con Guardiola al Barcellona, e utilizzata (anche se non completamente) dalla Nazionale spagnola, non veda la sua conclusione con questo annus horribilis (ricordiamo le brutte stagioni di Barcellona e Bayern Monaco, per quest'ultimo soltanto in Champions). Certamente è una strategia di gioco che richiede un elevato dispendio di energia, molta concentrazione, velocità e precisione dei passaggi e un minimo di cinismo in attacco, tutte cose che sono mancate in queste due prime partite in Brasile. L'augurio è che almeno nell'ultimo match si veda un po' di orgoglio e amor proprio, perché tornare a casa avendo sulle spalle tre sconfitte in tre partite sarebbe davvero una macchia difficile da cancellare.

Concludo esprimendo il mio personale dispiacere per le tristi prestazioni che la squadra campione d'Europa e del mondo ha sfoderato. Il mio amore per il (bel) calcio supera di gran lunga la nazionalità o le bandiere, è quindi normale che abbia gioito negli anni passati per i tanti successi di questa generazione di calciatori capaci di vincere tutto mostrando un gioco brillante, fatto di possesso palla, occasioni da gol, tocchi di prima...insomma tecnica alla stato puro. In uno sport, il calcio, in cui sempre più conta la forza muscolare, vedere in campo 11 giocatori che con la sola tecnica battono squadre più attrezzate dal punto di vista fisico, ha rappresentato per me un'oasi di bellezza e poesia. Come del resto è stato con il Barcellona di Pep. Esattamente come per i blaugrana, anche per la Spagna mi auguro che questa sia soltanto una tappa, forzata e obbligata, che condurrà a tanti altri successi. In fondo, se abbiamo detto che alcuni giocatori sono nella fase discendente della loro carriera, altri sono in piena maturazione e molti altri stanno crescendo nelle giovanili. Quindi non sorprendiamoci troppo se tra due o quattro anni racconteremo di una Nazionale tornata ad alzare coppe prestigiose.

venerdì 9 maggio 2014

Barça, vincere non conviene !

Da appassionato di calcio e amante del bel gioco, non ho potuto far altro che seguire e innamorarmi del grande Barcellona di Pep Guardiola
La squadra di Messi e compagni era brillante, agonisticamente cattiva e pronta ad azzannare la propria preda in ogni momento della gara. Vedere quella incredibile ragnatela di passaggi che spesso e volentieri terminava con un gol del numero 10 era un autentico spettacolo.
Ma Guardiola non c'è più. E con lui neanche il gioco e le vittorie del Barça.
Ci tengo a ricordare che i catalani hanno vinto ben 16 trofei (di cui 2 Champions League) nelle ultime 5 stagioni. Un bottino invidiabile, tanto che alcuni esperti di calcio hanno sostenuto trattarsi della squadra "mas grande de la historia". Non voglio entrare in questa discussione (secondo me inutile): ritengo non si possano confrontare squadre di epoche diverse, cosi come trovo insensato paragonare calciatori che hanno calcato il rettangolo di gioco in anni diversi (vedi la discussione Maradona-Messi).
Il Barça, dicevamo, aveva tutto: vittorie, strapotere tecnico, tanti giovani e promettenti calciatori provenienti dalle giovanili e un allenatore, Guardiola, in grado di fare da collante per tutti questi elementi e ricavarne il meglio.
Quindi, perché vincere non converrebbe? 
La vittoria della Liga,  temo, potrebbe far dimenticare alla dirigenza blaugrana e a tutto l'ambiente i tanti problemi che attanagliano la squadra. A partire dall'allenatore. Gerardo Martino, sicuramente un buon allenatore, non credo sia l'uomo giusto per gestire uno spogliatoio pieno zeppo di grandi campioni e una piazza che, più di ogni altra cosa, vuole il bel gioco e lo spettacolo. Oltre al problema allenatore, esiste un problema legato alla naturale ed inevitabile usura di giocatori che sono arrivati ad un'età avanzata o che, a causa delle tante vittorie, non hanno più gli stimoli necessari.
Entriamo nel dettaglio. Nelle ultime sessioni di mercato, i vertici del club hanno ritenuto, sbagliando, di dover rinforzare l'attacco, dimenticando completamente (fatta eccezione per il buon Jordi Alba vertice basso) la linea difensiva e il centrocampo. Per quanto riguarda la difesa, Puyol non è stato sostituito e i giovanissimi, al momento, non sembrano in grado di sostenere il peso di una maglia da titolare. In porta, invece, Victor Valdes è in partenza e serve urgentemente un portiere in grado di dare sicurezza al reparto arretrato. Inoltre, sempre parlando dell'estremo difensore, il vice Pinto è più un pensionato stipendiato che un calciatore utilizzabile da una squadra che vuole vincere qualcosa di prestigioso.
Arriviamo al centrocampo e vediamo che i calciatori che oggi cercano di proseguire la filosofia del tiqui-taca sono gli stessi che c'erano 5 anni fa: Xavi, Iniesta e Busquets. Con lo spagnolo Fabregas pronto a subentrare. Xavi, ormai compiuti 34 anni, non sembra più in grado di giocare a livelli stratosferici per tutta la stagione. Iniesta, a mio parere uno dei migliori della stagione, quest'anno ha letteralmente retto il centrocampo da solo. Nessun acquisto è stato fatto e, anzi, è da registrare un'importante perdita, uno dei giovani più promettenti del panorama europeo, ovvero  Thiago Alcántara.
Questi reparti (difesa e centrocampo), come detto in precedenza, sono stati sacrificati sull'altare del gioco offensivo e della propensione ad attaccare. Di per sé è una cosa giusta che una squadra come il Barça pensi ad attaccare e segnare piuttosto che difendere e non prendere gol, però il calcio italiano insegna che le grandi vittorie le raggiungi anche con l'equilibrio tra una fase e l'altra.
A contornare tutti questi fatti, ci sono stati i ripetuti infortuni di Leo Messi, che lo hanno molto limitato nella prima parte della stagione, e Neymar che non ha reso come l'ambiente catalano si aspettava.
Il risultato è che il Barça è fuori dalla Champions League ad opera dell'Atletico Madrid di Simeone, ha perso la Coppa del Re in finale contro l'odiato Real Madrid ed è secondo in campionato. Potrebbe ancora riuscire a vincere il titolo, in quanto all'ultima giornata sfiderà l'Atletico, ma siamo sicuri che questo non sarà controproducente? Non esiste il rischio che l'ennessima vittoria faccia dimenticare i reali limiti di questa squadra? In passato, forse, è stato proprio cosi.
La miglior cosa che può accadere, a mio avviso, è che la stagione si concluda con zero titoli. La delusione per un risultato che da moltissimo tempo non si registra potrebbe svegliare le persone che hanno la responsabilità di fare la campagna acquisti, di gestire i giocatori, di scegliere l'allenatore e far primeggiare il Barça in Spagna, in Europa e nel mondo.

Fossi al posto di Josep Maria Bartomeu (sostituto di Sandro Rosell) procederei cosi:
- Capitolo portiere: Sappiamo già da tempo che Victor Valdes a fine stagione lascerà Barcellona. Un ottimo sostituito, se si punta sulla giovinezza, potrebbe essere Ter Stegen (classe 1992, attualmente al Borussia Mönchengladbach). L'alternativa di esperienza potrebbe essere il già cercato Handanovic (classe 1984, accasato all'Inter). 
Per il ruolo di vice, un nome che potrebbe fare al caso del Barça per esperienza e abilità è quello di Sébastien Frey (classe 1980, nelle fila del Bursaspor Kulübü Derneği).
- La difesa: Al momento la linea difensiva a 4 è composta da Dani Alves, Piquè, Mascherano e Jordi Alba.
L'esterno brasiliano è in partenza e potrebbe essere rimpiazzato da un'altra nostra conoscenza: Juan Cuadrado (classe 1988). Il colombiano potrebbe dare quella freschezza e velocità che in questa stagione è un po' mancata a Dani Alves. Un punto a favore dell'esterno viola è sicuramente il fatto che trova con più facilità e frequenza la via del gol. In questa stagione ha segnato ben 14 reti in 41 partite con la Fiorentina, condite con 9 assist. Dani Alves, invece, si è fermato a 4 reti e 6 assist in 40 partite col Barça. Infine, tra i due giocatori corrono 5 anni di differenza, fattore di non poco conto per una squadra che vuole ripartire. 
Per quanto riguarda il centrale di difesa, invece, i nomi caldi sono due: David Luiz (1987, giocatore del Chelsea) e Thiago Silva (classe 1984, del Paris Saint-Germain). 
Personalmente, pur stimando molto l'ex milanista, opterei per David Luiz, più giovane e utilizzabile anche nel ruolo di mediano.
Un errore da non commettere è lasciar partire Carles Puyol. Lo storico capitano blaugrana è un classe 1978, ha forse dato tutto e di più per quella maglia e merita riconoscenza. Nel calcio sono fondamentali i valori tecnici e agonistici, ma non possiamo dimenticare l'importanza dello spirito di gruppo, del carisma, del coraggio. Puyol rappresenta tutto questo. Credo che nello spogliatoio ricopra un ruolo ancor più essenziale di quello che aveva in campo nei suoi anni d'oro. E' giusto tenerlo dentro questo gruppo (come dirigente) perché è ancora un Capitano. 

- Centrocampo, vero punto di forza (o di debolezza) del Barça: rimpiazzare Xavi Hernandez è un'impresa pressoché impossibile. Al momento non ci sono giocatori come lui. Lo stesso Pirlo, altro maestro del centrocampo, non garantisce lo stesso tipo di gioco. L'ideale, come detto in precedenza, sarebbe stato trattenere Thiago Alcántara.
Le alternative, ugualmente suggestive, potrebbero essere quelle di Miralem Pjanic (classe 1990, attualmente nella Roma) o Javi Martínez (classe 1988, alla corte di Guardiola). 
Il bosniaco darebbe qualità e quantità al gioco dei blaugrana, mentre lo spagnolo del Bayern porterebbe molta forza fisica (caratteristica che è un po' mancata a questa squadra). La spesa per Javi Martinez, però, sarebbe davvero ingente, in quanto il giocatore è stato prelevato dall'Athletic Bilbao nel 2012 per 40 milioni di euro, arrivando ad essere il giocatore più pagato nella storia della Bundesliga.
Un nome uscito nelle ultime ore è quello di Paul Pogba. Il francese della Juventus è un classe 1993, forte fisicamente e sublime in quanto a tecnica. Inoltre, trova con facilità la conclusione dalla distanza. L'unico problema potrebbe essere il costo del cartellino: la società bianconera chiede 60/70 milioni di euro. 
Pur ritenendo Pjanic più adatto al gioco spagnolo, andrei dritto sul centrocampista della Juve. A tratti, e non vorrei essere accusato di blasfemia, rivedo nelle movenze di Pogba un po' della classe di Zinedine Zidane. Paragoni a parte, sono sicuro che questo giocatore, crescendo, diventerà uno dei top 5 centrocampisti al mondo.
Per quanto riguarda il mercato in uscita, terrei ad ogni costo Mascherano, vero e proprio jolly di centrocampo e difesa, e cederei Alexandre Song. L'ex Arsenal ha giocato raramente e non sembra in linea con il progetto tecnico della squadra, indipendentemente da quale sarà l'allenatore del futuro.

- Arriviamo alla fase offensiva, soltanto apparentemente non da modificare: L'attacco oggi si regge sul solo Leo Messi. La pulce argentina ha fatto in questa stagione il bello e il brutto allo stesso tempo. Quando il numero 10 gira come sa, il Barça vola e l'attacco segna a raffica. Quando Messi non è in giornata, però, la squadra sembra spenta e l'attacco appare incapace di far male agli avversari.
I nomi che potrebbero fare la differenza sono due: Luis Suárez (classe 1987), autentico mattatore in Premier League con 30 gol, e Wayne Rooney. L'inglese del Manchester United è un classe 1985, quindi in piena maturità psico-fisica, e potrebbe lasciare i reds dopo l'addio di Sir Alex Ferguson e la brutta stagione di quest'anno. In entrambi i casi, il costo del cartellino sarebbe molto elevato in quanto il primo ha un valore di mercato di circa 52 milioni di euro e il secondo intorno ai 45. Qualunque sia la scelta, credo sarebbe ottimale.
Se per arrivare ad uno dei due fosse necessaria una cessione eccellente, lascerei partire Alexis Sánchez. Nonostante il suo bottino stagionale con il Barça sia di 20 gol e 17 assist in 52 partite disputate, il cileno ex Udinese non mi ha quasi mai convinto appieno e quindi lo cederei senza troppi rimpianti.  

- Infine il discorso allenatore.
La scelta dell'uomo che siederà sulla panchina blaugrana è molto delicata. Scegliere un allenatore che insista sul grande possesso palla oppure optare per un cambio di filosofia?
Nel primo caso, l'uomo giusto potrebbe essere Luis Enrique. Nella stagione 2011/12 ha guidato la Roma. La sua squadra giocava un bel calcio (forse solo un po' lento), non supportato però da grandi risultati. Con in mano una rosa come quella del Barça, il discorso potrebbe essere diverso. Inoltre, a supporto della sua candidatura, dobbiamo ricordare che l'allenatore di Gijón ha giocato a Barcellona per 8 anni ed ha allenato la squadra B dal 2008 al 2011, quindi conosce bene l'ambiente, i tifosi e la mentalità del mondo catalano.
Nel caso ci fosse la volontà di cambiare tipo di gioco, invece, una strada che potrebbe dare ottimi risultati è quella che porta a Jürgen Klopp. L'allenatore nato a Stoccarda ha mostrato con il suo Borussia un grande gioco, fatto di velocità e improvvise verticalizzazioni. Dal 2008 ha vinto ben 2 campionati tedeschi, 1 Coppa e 2 Supercoppe di Germania, conquistando anche una finale di Champions League (persa poi contro il Bayern Monaco).
Il mio preferito è Klopp. Un cambio, certe volte, non fa male. Non sono tra quelli che ritengono il tiqui-taca morto, ma credo che per gli avversari (in campo europeo, in Spagna è un altro discorso) sia diventato troppo facile e scontato fare le barricate e colpire in contropiede. Klopp potrebbe unire gioco e vivacità, imprevedibilità e spettacolo. 

Non so come andrà a finire la Liga: mancano soltanto 2 giornate e la classifica recita Atletico Madrid 88 punti, Barcellona 85, Real Madrid 84. Tutto è ancora possibile. Ciò che auspico è che, a prescindere dall'assegnazione del titolo, i vertici blaugrana capiscano che è arrivato il momento di compiere una (piccola) rivoluzione, di trovare nuovi stimoli, di far crescere nuovi talenti e tornare a primeggiare in ogni competizione. Perché ciò che tutti i tifosi vogliono è che il Barça torni ad essere "més que un club".

mercoledì 7 maggio 2014

Rossi: "Ho passato momenti duri. Adesso sto bene"

A distanza di quattro mesi, Pepito Rossi torna in campo e segna la sua rete numero 15 in campionato. Questo pomeriggio l'attaccante viola prende la parola in sala stampa. 

Queste le sue parole a proposito di come ha vissuto gli ultimi mesi: "Sono stati mesi molto duri, con tanto lavoro con Luke Bongiorno ma con l'appoggio della famiglia e della squadra. Ora sto bene, devo ringraziare tutti".

Sul gol segnato ieri: "E' stato molto bello segnare, peccato che il Sassuolo ne avesse segnati già quattro... la dedica va come sempre a mio padre, alla mia famiglia e in tribuna e ai tifosi viola, che mi hanno sostenuto".

Sulla Nazionale ed il Mondiale: "Per andare in Nazionale devo giocare e devo dimostrare di star bene fisicamente. Ci penso ma ci sono tante cose che devo fare con la Fiorentina, dobbiamo prima blindare il 4° posto e poi chiudere bene la stagione contro il Torino".

Se ha avuto paura che la sua carriera fosse finita "Non ho mai avuto paura, era più il dispiacere per non aver avuto continuità dopo quattro bei mesi con la Viola. Non ho potuto dimostrare quello che posso fare in campo. La voglia di tornare protagonista è stata molto più forte della paura".

Sulla gara col Livorno e Rinaudo: "Il 5 gennaio sanno tutti cos'è successo. Se vedrò Rinaudo gli stringerò la mano, so che ha fatto solo un intervento di gioco. Con Rinaudo ci sono stati contatti e l'ho ringraziato per questo".

Se non dovesse partire per il Brasile: "Non so cosa farei, a me piace sempre pensare positivo: io ci penso ancora".

Se si sentirebbe pronto per disputare il Mondiale: "Certo che sono pronto, sono pronto per le ultime due partite in viola e per qualsiasi cosa. Mi sento bene, qualsiasi cosa mi chiedono di fare lo faccio".

Sul sostegno dei compagni: "Ho avuto grande sostegno da parte di tutti, anche da altre società di calcio".

Sulle ambizioni dei Della Valle: "La squadra che abbiamo adesso è forte, quest'anno siamo stati sfortunati con infortuni in momenti chiave: il ko di Mario e la squalifica di Borja su tutti. Sono molto orgoglioso di quello che ha fatto la squadra quest'anno".

Sulle scene di sabato sera all'Olimpico: "Dispiace molto per quello che è accaduto, tutti si aspettavano una partita di calcio. Non è un bello spot per noi italiani e per la Serie A. Qualcosa deve essere cambiato e migliorato".

Se è pronto per partire titolare già da domenica: "Non lo so, deciderà il mister".

Sul contrasto di ieri: "Sono contento di averlo subito, in allenamento ne subisco sempre pochi".

Su dove sarebbe stata la Fiorentina con Rossi in campo per tutto l'anno: "Non lo so proprio, ci sono stati degli infortuni importanti e purtroppo questo fa parte del calcio".

Sul ritorno di Gomez in gruppo: "Speriamo davvero tanto di poter giocare insieme prima della fine della stagione, vedere un campione come Mario fa bene: sta lavorando davvero tanto per esserci, glielo auguro davvero".

Sulla classifica cannonieri: "Spero la vinca un italiano. Ai vertici c'è Ciro Immobile, spero la vinca lui".

Sulla stima che sente attorno: "Ringrazio tutti per la stima che vedo intorno a me, anche su Twitter. Voglio continuare a fare il meglio".

lunedì 5 maggio 2014

MONTELLA: "Sogno una squadra più forte. Abbiamo le idee chiare"

Due giorni dopo la sconfitta nella finale di Coppa Italia, la Fiorentina torna a pensare al campionato: domani sera l'avversario sarà il Sassuolo. In sala stampa prende la parola Vincenzo Montella

Queste le parole del tecnico viola in merito alle scene del pre gara di sabato sera: "E' controproducente continuare a parlare di queste scene, dobbiamo passare la palla a chi di dovere e risolvere questo grande problema".

Sul Sassuolo: "Abbiamo la possibilità di chiudere la stagione in un modo di alto profilo, vogliamo conquistare il 4° posto perché sarebbe un ottimo risultato".

Sugli obiettivi della prossima stagione: "Mi auguro di parlare con i Della Valle dopo il raggiungimento del 4° posto, così saremo più libero dai pensieri. Come allenatore devo fare delle valutazioni e vorrei allenare una squadra più forte con maggiorni pressioni. E' necessario fare qualcosa in più, questa squadra ha dato il massimo e forse ancora di più".

Su come si riparte dopo la delusione di sabato: "E' facile ripartire, la nostra tifoseria ha dimostrato grande partecipazione e maturità, quasi inusuale. Per noi è un orgoglio per quello che è stato fatto: abbiamo una grossa responsabilità. Domani abbiamo una responsabilità importante per coronare la stagione".

Sulla valutazione complessiva della stagione: "Dobbiamo fare elogi a questa squadra e alla società, che con un fatturato ridotto rispetto alle big è riuscita a competere per certi traguardi: è un dato oggettivo questo e dobbiamo fare merito a questi uomini".

Sul mercato che verrà: "Rispetto allo scorso anno non possiamo fare parallelismi: per migliorare la squadra bisogna tenere i migliori e comprarne altrettanti. Non serve vendere per fare un grande mercato".

Sui primi 20' di Fiorentina-Napoli: "Non usiamo alibi, abbiamo iniziato a giocare solo dopo 20 minuti: altre squadre sotto 2-0 si sarebbero sbriciolate mentre noi con raziocinio ce la siamo giocata fino al 90'".

Sulle scelte di domani: "A livello fisico è stata una partita molto dispendiosa, vedrò quali giocatori avranno più risorse: siamo in grado di sostenere una partita indipendentemente da chi scenderà in campo".

Sull'affetto dei tifosi: "La partecipazione dei tifosi sia a Roma che ieri pomeriggio ci danno orgoglio e responsabilità".

Sull'impegno dei Della Valle: "L'entusiasmo dei fiorentini nella sconfitta è più forte della delusione di quanto visto sabato sera".

Sulle condizioni fisiche della squadra: "Oggi valuterò ogni componente".

Su Rossi titolare: "Sarebbe una forzatura, ha dimostrato di essere guarito: non ci deve però essere fretta né da parte mia né da parte sua".

Sul rinnovo del Ds Pradè: "Che io sappia è una formalità il suo rinnovo, si è guadagnata la sua fiducia nel tempo così come Macìa"

Sui pezzi mancanti per migliorare la rosa: "Le idee ce le abbiamo, non saprei dire il numero preciso ma qualcosa si può fare".

Su cosa prova da napoletano sui cori sul Vesuvio: "Mi è successo spesso: magari chi lo canta sarà a Napoli quando il Vesuvio erutterà.."

domenica 4 maggio 2014

La Coppa della vergogna

Il giorno dopo Fiorentina-Napoli valida per la finale di Coppa Italia, Firenze si sveglia indignata e incredula. La gara dell'Olimpico di ieri è stata turbata dagli avvenimenti che hanno scosso l'ambiente e l'atmosfera. La serata doveva essere un'opportunità di festa, l'occasione giusta per vivere emozioni che, nel capoluogo toscano, raramente abbiamo la possibilità di vivere. 
Ciò che più rimane negli occhi dei tifosi, e di chi scrive, è la totale incapacità dello Stato italiano, prima ancora delle istituzioni calcistiche, di far rispettare le regole, di tenere la situazione sotto controllo e mantenere l'ordine pubblico. La figura che Renzi, Grasso, Bindi e i vertici del calcio hanno fatto in mondovisione ieri sera è stata tremenda e agghiacciante. Un capo ultras del Napoli, Genny 'a carogna, ha tenuto per quasi un'ora in scacco le autorità e, di conseguenza, cinquantamila tifosi giunti a Roma per incoraggiare la propria squadra, tifare civilmente e festeggiare in caso di vittoria.
Vorrei che qualcuno mi spiegasse come è stato possibile tutto ciò. Se io, privato cittadino, commetto un reato, mi prendono e mi sbattono dentro. Perché il signor Gennaro De Tommaso ha potuto sedersi sulla balaustra, esibire la maglietta con scritto "Speziale libero", dettare legge e decidere se giocare o meno senza che nessuno muovesse un dito per fermarlo?
Come è possibile credere ancora nel calcio? Nel momento in cui un padre ha paura a portare allo stadio il figlio, credo che non si tratti più di uno sport. 
Come possiamo credere ancora nello Stato e nelle sue norme? Come possiamo sentirci sicuri in un paese che non protegge gli indifesi e non condanna i colpevoli? 
Sono 15 anni che sento parlare di leggi, provvedimenti, maggiore sicurezza e pugno duro, ma niente è cambiato. Si susseguono presidenti del consiglio, presidenti del Coni, vertici della FIGC ma tutto rimane tale e quale. A cosa servono il Daspo e la tessera del tifoso se poi mi ritrovo sul seggiolino accanto un teppista, un violento, un facinoroso che minaccia me e il regolare svolgimento di una manifestazione sportiva? 
E' l'ora di smettere con le cure palliative e pensare (ed attuare, seriamente) dei provvedimenti che emarginino questi personaggi nocivi e diano spazio alla parte buona del calcio, quella parte che conosce sfottò, cori, prese di giro ma anche rispetto e civiltà.
La Fiorentina è uscita dal campo sconfitta ieri sera, ma Firenze e i fiorentini possono camminare a testa alta, riconoscendosi il merito di essere esempi di sportività e legalità come pochi ce ne sono nel bel paese.

venerdì 2 maggio 2014

Riportate la Coppa Italia a Firenze!

Una manciata di ore ci separano dalla finalissima. La Coppa è veramente a portata di mano. Soltanto il Napoli del recuperato Higuain si frappone tra Firenze e il suo attesissimo Sogno.
Ormai da giorni la città vive freneticamente, ansiosa di assaporare una serata che si preannuncia spettacolare, indimenticabile, forse da raccontare. Tutti quanti si rendono conto che stiamo facendo una piccola parte della gloriosa storia di Firenze e della Fiorentina, e tutti vogliono dare il loro contributo. Il cuore pulsante del tifo fiorentino ha risposto con grande entusiasmo e calore: oltre 26mila tifosi, infatti, saranno all'Olimpico questa sera per festeggiare, o ringraziare, i loro pupilli in maglia viola. Comunque andrà ci saranno tanti applausi. I ragazzi di Montella in questa stagione hanno fatto qualcosa di eccezionale: confermare il quarto posto in campionato, disputare una eccelente Europa League e arrivare in finale di Tim Cup, il tutto condito, non dimentichiamolo, da assenze pesantissime, come nessun altro in Serie A ha dovuto affrontare, non è cosa assolutamente semplice e scontata. 
La Coppa Italia adesso è veramente ad un passo. Benitez e il suo gruppo renderanno le cose difficilissime. Sarà estremamente complicato mettere il tassello che manca a questa annata, a questa squadra, a questa società. La vittoria sarebbe importante da più punti di vista: per la città, che la merita per l'attaccamente che ha sempre dimostrato; per Andrea Della Valle, che comincerebbe cosi a riempire la mensola (ancora vuota) dei trofei; per l'entusiasmo che porterebbe sia nella società, che forse sarebbe spronata ad investire ulteriormente, sia nei giocatori, convincendoli (se ce ne fosse bisogno) ad approdare a Firenze o a rimanere in riva all'Arno (vedi Cuadrado).
Come detto, la partita sarà eccitante e la vittoria fondamentale. Tutta la Firenze calcistica sta vivendo un Sogno atteso 13 lunghi anni, ma sappiamo che anche i sogni hanno bisogno di frammenti di realtà per non cadere come castelli di sabbia. Quindi forza ragazzi, riportate la Coppa Italia dove merita...magari con un gol di quel piccoletto col numero 49. Sarebbe un Sogno dentro il Sogno..

venerdì 25 aprile 2014

MONTELLA: "Rossi non ci sarà a Bologna. Gomez forse a settembre"

Alla vigilia della partita contro il Bologna, e con in mente la finalissima di Coppa Italia del 3 maggio, Vincenzo Montella prende la parola in sala stampa. 

Queste le parole del tecnico viola sulla convocazione di Rossi: "Non è convocabile per Bologna perché non è in condizioni fisiche adeguate".

Su Gomez: "Ho la sensazione che da qui alla fine del campionato non lo rivedremo perché non si sta ancora allenando".

Su Rossi in finale: "La speranza è quella, cercheremo di fare il possibile".

Sul derby dell'Appennino: "Sarà un test per valutare la tenuta psicologica delle squadra, non ho alcuna paura. Valuterò cosa i miei giocatori possono dare a livello psicologico".

Sulla squadra: ''Fisicamente sta bene, devo capire come sta a livello psicologico".

Sulle motivazioni del Bologna: "Sicuramente ne avranno più di noi e giocare in uno stadio pieno può aiutare anche noi".

Sul quarto posto: "Per noi conta molto, dobbiamo consolidarlo perché sarebbe un grandissimo traguardo. Ad inizio anno non era preventivabile perché c'erano molte squadre attrezzate".

Sulla formazione di domani: "Domani giocherà la squadra che può mettere più in difficoltà il Bologna".

Sugli obiettivi: "La società ha sempre detto di voler migliorare la squadra".

Sui tanti tifosi in finale: "I nostri tifosi hanno sempre dimostrato di voler sempre seguire questa squadra. Firenze non è Napoli in termine di bacino d'utenza, quindi sono convinto che faranno il massimo per esaurire tutti i 28.000 biglietti a disposizione. Se non ce la faranno vorrà dire che avranno fatto comunque il massimo".

Sul futuro di Gomez: "E' un giocatore di primo livello, è stato sognato e poi raggiunto, mi pare improbabile la sua partenza anche se molto dipende dalla volontà del calciatore".

Sullo stato fisico di Gomez: ''Da parte del calciatore c'è sempre stata grande volontà di mettersi a disposizione, ci sono stati troppi chiacchierii su di lui, troppi esami e troppi pareri: è difficile mettere d'accordo tutti".

Su Ilicic: "Fisicamente sta bene anche se non è bello a vedersi (ride, ndr). Sotto l'aspetto comportamentale prova sempre a dare il massimo e le sue prestazioni fisiche sono di primo livello".

Su Mati Fernandez: "Sta molto meglio, nella prossima settimana tornerà in gruppo".

Su Anderson: "Su di lui verranno fatte valutazioni solo a fine stagione".

mercoledì 9 aprile 2014

MACIA: "Importante credere nei giovani italiani e creare un'identità"

Eduardo MaciaDirettore Tecnico e Responsabile del settore giovanile della Fiorentina, è intervenuto ai microfoni di Lady Radio.
Queste le sue parole: "I giovani che crescono con te danno parte dell'identità di una società. Dobbiamo tenere i giovani il più possibile con noi. Non tutti possono andare in Serie A, alcuni arrivano molti giovani in società importanti e durano fatica. 
Il calcio italiano deve ritrovare la sua identità. Il calcio italiano qualche anno fa era uno dei più forti, caratterizzato da tantissimi grandi giocatori italiani. Questo paese ha una grande tradizione calcistica. Abbiamo bisogno di tanto tempo per lavorare. Il calcio italiano deve credere nei suoi talenti e tutelarli. Non dev'essere una politica demagogica.Noi alla Fiorentina cerchiamo il talento italiano. Il 90% dei giovani arrivati negli ultimi anni nel settore giovanile della Fiorentina sono italiani.Non si deve giudicare un ragazzo dalla sua età. Bisogna dare fiducia ad un giocatore a prescindere dalla carta d'identità, soltanto cosi crescerà la sua personalità. I giovani devono avere la possibilità di crescere e anche sbagliare."Babacar e Bernardeschi? "Dopo la finale di Coppa Italia valuteremo i giocatori che sono lontani da Firenze. Abbiamo delle idee molto chiare. All'estero non si gioca sull'avversario, si cerca di imporre il proprio gioco. I campi da calcio sono curati nel minimo dettaglio. E' un'altra realtà."Sulla finale di Coppa Italia Primavera contro al Lazio: "Stasera non partiamo sconfitti. La Lazio è una buona squadra, ha un'identità diversa dalla nostra. Ci sarà il confronto tra due diverse identità."E' importante la vittoria a livello giovanile? "Il settore giovanile è un percorso di formazione. E' importante capire come si vince. Se i ragazzi non sanno come hanno vinto, mi preoccupo. La mentalità vincente ti dà più certezze di vincere oggi e domani.E' difficile valutare adesso quali giovani della Primavera sono pronti per la prima squadra. Madrigali, Gondo, Petriccione e altri stanno dimostrando una fase di crescita. E' importante che l'allenatore della prima squadra conosca anche i giovani."E' difficile creare un senso di appartenenza nei giovani giocatori? "Da piccolo dormivo spesso con la maglia della mia squadra preferita (il Valencia), oggi è più difficile perché i giovani vedono Messi, C.Ronaldo e i grandi club.  La vera forza di una squadra non è prendere grandissimi giocatori ma crearli in casa."
Cosi sul progetto Viola: "Firenze è una piazza importante, bellissima e dovevamo portare un progetto che piacesse alla città. Io e Pradé abbiamo cercato di fare un mix tra giocatori di esperienza e giovani interessanti.
Ascoltiamo la gente perché ci fa capire cosa piace ai tifosi. Facciamo calcio per la gente, non per noi. E' importante ascoltare la città.La Fiorentina il prossimo anno sarà più forte. Abbiamo un bel gruppo oggi, la nostra filosofia è migliorare sempre.Non c'è nessun segreto dietro al nostro operato. Tante persone ci aiutano a non sbagliare."

giovedì 20 marzo 2014

Fiorentina eliminata da una prodezza di Pirlo

E' bastata una punizione. Un tiro, violento, preciso, imparabile (?). Andrea Pirlo si è dimostrato, ancora una volta, uno dei più grandi calciatori di punizioni al mondo, il migliore in attività. Con un tiro la Juve cancella ambizioni e speranze del pubblico viola, di una città intera.
La Fiorentina vista questa sera contro la Juve non è stata delle migliori, ma di tutto rispetto si. E' scesa in campo con la consapevolezza che il risultato dell'andata non poteva far dormire sogni tranquilli e con la ferma volontà di giocare, creare occasioni e passare il turno.
Purtroppo (per noi) le partite di pallone vengono decise spesso dai colpi dei grandi campioni. Certe volte i solisti riescono ad imporsi sulla collettività, sulla coralità, sulla disciplina tattica. E questo è anche il bello del calcio. Stasera al Franchi la partita è stata decisa da un episodio, il fallo di Gonzalo Rodriguez su Llorente (con conseguente secondo giallo), e la punizione magistrale del numero 21 bianconero. Con quello ai Viola, Pirlo sale a quota 42 gol su punizione in carriera, numero che la dice lunga sulle qualità tecniche dell'ex Milan.
Dispiace riassumere un'intera partita concentrandosi soltanto su un gesto tecnico, ma di fatto la partita era bloccata, ferma sullo 0-0 e forse pronta a scivolare verso la fine senza troppi stravolgimenti. Nel primo tempo la squadra di Montella ha messo sotto la Juventus, attenta a non sbilanciarsi troppo. Le due precedenti sfide con i bianconeri, infatti, avevano dato l'impressione che il club di Torino soffrisse gli ultimi 25 minuti di gara. Alla luce di questo, Conte può aver maturato a tavolino la decisione di supplire a tale calo risparmiandosi nella prima frazione di gioco. E cosi è stato. La Fiorentina ha creato, sfiorato il gol in varie occasioni (Gomez, Ilicic, Pizarro) per poi, dal 60esimo minuto in avanti, lasciare il campo e l'iniziativa ai bianconeri. Dopo l'infortunio di Pizarro a pochi minuti dall'inizio del secondo tempo, sostituito da Ambrosini, i Viola si sono spenti, faticando a trovare idee e palleggio. A quel punto è stato facile per giocatori del calibro di Tevez, Pogba e Vidal cercare e trovare spazi. A una ventina di minuti dal triplice fischio Gonzalo atterra Llorente in prossimità dell'area di rigore Viola. Secondo giallo al difensore ineccepibile. Pallone posizionato sulla mattonella dalla quale Pirlo spesso riesce a far male. Tiro violento che va ad insaccarsi nell'angolo alto dalla parte di Neto. 
Nonostante ancora alcuni minuti a disposizione, la Fiorentina non riesce a reagire, la Juve fa possesso palla e gestisce il gioco, rendendo praticamente impossibile il pareggio che avrebbe portato le squadre ai tempi supplementari.
Il sogno di battere i rivali storici e approdare ai quarti di finale di Europa League svanisce in una serata in cui era lecito essere positivi. Per il risultato dell'andata ma anche per le ultime due partite tra Fiorentina e Juventus, nel complesso in equilibrio. Il rammarico riguarda le diverse occasioni sprecate in attacco e la possibilità, una volta superata la Juve, di trovare un cammino verso la finale di Torino abbastanza agevole.

La Juventus è più forte della Fiorentina. Nessuno può mettere in dubbio ciò. I numeri, in tal senso, parlano chiaro: in meno di tre campionati, i bianconeri hanno raccolto 82 punti in più dei Viola. 
La squadra di Montella è stata sfortunata? Forse un pizzico di iattura c'è stata, si pensi all'infortunio di Pizarro (fino a quel momento positivo) e ad un paio di tiri usciti di poco. 
Ciò su cui voglio soffermarmi sono alcune scelte del mister che mi hanno lasciato perplesso: 
La prima decisione non convincente è stata quella di schierare Cuadrado esterno basso a destra. Il colombiano in quella posizione è stato poche volte pericoloso, dovendosi preoccupare delle avanzate di Asamoah e di un grande Pogba che si aggirava da quelle parti. Montella, schierandolo in quella posizione, ha di fatto rinunciato all'arma più letale che aveva. 
La seconda scelta che suscita qualche dubbio è la sostituzione di Gomez con Matri. Il tedesco è apparso per tutto il tempo in cui è stato in campo in buone condizioni, in crescita rispetto alle precedenti apparizioni. Il tecnico Viola potrà dire che la sostituzione è figlia del fatto che il tedesco non ha nelle gambe i 90'. Se cosi fosse, Montella poteva optare per una scelta iniziale diversa, partendo con Matri e gettando nella mischia Mario nel secondo tempo, sfruttando la sua freschezza. Non me ne vorrà il buon Matri, ma Gomez è tutt'altra cosa. Il panzer tedesco è un campione, ha segnato valanghe di gol, calcato i palcoscenici più importanti d'Europa ed è, per questi motivi, più adatto a giocare sfide cosi equilibrate ed emozionanti.
La terza decisione di Montella che non condivido riguarda un'altra sostituzione: immediatamente dopo il gol di Pirlo, la Fiorentina si trova virtualmente fuori dalla Coppa, è sotto di un uomo e deve assolutamente segnare almeno un gol. Gonzalo, come detto, è stato espulso e in difesa ci sono soltanto Savic e Tomovic. L'allenatore allora decide di sostituire Ilicic per far posto a Roncaglia. Col senno di poi è facile parlare, lo sappiamo, ma forse in quell'occasione sarebbe stato più giusto operare un'altra mossa. Arretrare Ambrosini sulla linea dei difensori, ricomponendo il centrocampo con Aquilani, Borja Valero e Vargas, impedendo cosi che Matri si isoli in avanti senza riuscire ad intercettare un pallone. 
Montella è un grande allenatore, ha un brillante futuro davanti a sé e spero che la sua permanenza in riva all'Arno sia ancora molto lunga, però quando ci sono cose che non ci convincono dobbiamo avere l'onestà intellettuale per esprimerle, nel rispetto per il grande lavoro di Vincenzo e nell'interesse della squadra.

Trovo doveroso spendere alcune parole anche su Neto. Guardando la partita e ascoltando alcuni opinionisti nel post gara, ho potuto sentire pareri divergenti sul gol. E' colpa di Neto? O non poteva fare niente sul tiro di Pirlo?
Ho giocato a calcio abbastanza tempo per sapere che una delle prime cose che ti insegnano alla scuola calcio è che un portiere non deve MAI prendere gol sul proprio palo. Pirlo calcia il pallone con una violenza ed una precisione impressionanti, è vero, ma se Neto è ben posizionato ha qualche possibilità di parare il pallone. Dopo aver posizionato la barriera, il portiere viola fa un passo di troppo verso destra, coprendosi di fatto la visuale e rendendo difficile la copertura del palo a lui più vicino. A mio parere Norberto ha ripensato al gol che Pirlo ha segnato al suo collega Perin la scorsa domenica e, nel tentativo di prevenire la giocata del numero 21 bianconero, ha fatto un passo verso il palo più lontano. Quel passo, insieme alla già decantata bravura del centrocampista, è stato decisivo. Se Neto avesse coperto meglio quella parte di porta, Pirlo avrebbe dovuto obbligatoriamente provare a segnare dall'altra parte, impresa non facile data la barriera e i pochi metri a disposizione per far scendere la palla.
Detto questo, vale un discorso simile a quello di Montella, in quanto nell'arco della partita Neto è stato decisivo in più di un'occasione e quindi, anche se avesse commesso un errore sul gol, la sua prestazione non viene sminuita.

Concludo con uno sguardo al futuro. La situazione in campionato non è delle più facile, il Napoli è a +10 e l'Inter ci sta col fiato sul collo (-1). Domenica alle 18:30 i Viola saranno proprio a Napoli per cercare di riaprire la corsa al terzo posto, corsa che oggi appare più che chiusa. Il mantenimento del 4° posto è fondamentale, soprattutto in caso di non vittoria della Coppa Italia, perché permetterebbe di evitare i preliminari che si giocano a luglio e agosto, e di approdare direttamente all'ultimo turno preliminare.
E' inevitabile che la testa dei giocatori sia già alla sfida del 3 maggio contro gli azzurri di Benitez ma è di estrema importanza la condizione fisica e psicologica con le quali si arriva all'appuntamento. Sottovalutare il campionato, non giocare al massimo, rischia di farci perdere mentalità e prontezza atletica necessarie per battere un rivale di prestigio ed alzare la prima coppa dell'era Della Valle. Quindi coraggio Fiorentina, continua a macinare gioco, a crescere e puntare a traguardi sempre più alti.