mercoledì 25 giugno 2014

Un campione da non imitare

La partita di ieri pomeriggio tra Italia e Uruguay ha dato molti spunti di riflessione. Oltre alla disfatta italiana, abbiamo assistito ad un gesto altamente censurabile: Luis Suarez che, avvicinatosi a Chiellini in una normale azione di gara, ha addentato la spalla del difensore azzurro. L'arbitro non ha visto, un po' per sua incapacità, un po' per la velocità con la quale il giocatore del Liverpool ha imparato a mordere la preda. Ha imparato, appunto. Non è la prima volta. 
Nel 2010 la partita era Ajax-Psv e la "vittima" fu il centrocampista Otman Bakkal. Quel gesto costò al talento uruguayano diverse giornate di squalifica. Sedere in tribuna mentre i compagni giocavano non si rivelò efficace a curare la mente del giocatore, dato che nel 2013 i canini di Suarez colpirono ancora. Questa volta la sua follia si avventò su Branislav Ivanovic, difensore del Chelsea (Suarez giocava nel Liverpool). Anche questo episodio fu punito con una squalifica. 

Davvero triste pensare che un campione del calibro di Luis Suarez, capocannoniere quest'anno in Premier League con 31 reti, possa avere momenti di tale follia da mettere a rischio un'intera carriera. Il gesto di ieri pomeriggio verrà certamente punito e l'immagine di un grande giocatore, ma soprattutto dell'uomo, sarà ancora più sbiadita.
Se non altro, volendola buttare sul ridere, potremmo dire che l'uruguayano ha il futuro assicurato: nel caso in cui qualche regista avesse in mente di mettere in scena il remake di Hannibal, non potrebbe non tener conto della candidatura di Suarez. 

C'è anche qualcuno che dall'insano gesto del numero 9 ha tratto guadagno. Ovviamente non è Chiellini. Sto parlando di un ragazzo norvegese, Richard Helmersen, che ha avuto il coraggio di scommettere 100 corone (circa 12 euro) sul morso di Suarez al Mondiale. Un sito pagava 175 volte la posta, e il ragazzo ha vinto circa duemila euro. L'originale scommettitore, intervistato dopo la vincita, ha dichiarato: "Mi sono chiesto se fosse cosi stupido da farlo di nuovo. Dato che giocava contro Italia e Inghilterra, ho pensato potesse innervosirsi ed ho scommesso". 

martedì 24 giugno 2014

La disfatta italiana

L'Italia è già fuori dal Mondiale: poche le scusanti e molti gli errori commessi. 
Dopo il triplice fischio di Italia-Uruguay, Prandelli e Abete si sono dimessi dai loro incarichi, riconoscendo il totale fallimento della spedizione azzurra. La squadra capitanata da Buffon ha raccolto tre punti in tre gare, una sola vittoria contro l'Inghilterra (che a questo punto è ridimensionata) e due sconfitte cariche di accuse nei confronti del ct. La sconfitta contro la Costa Rica aveva evidenziato l'incapacità dell'Italia di essere pericolosa, resistere agli avversari dal punto di vista fisico ed evidenti errori tattici (per esempio schierare il solo Balotelli in attacco, contro la difesa a 5 dei costaricani). Il match contro l'Uruguay, invece, ha messo in mostra la scarsa personalità di questo gruppo, sorretto soltanto dai (vecchi) senatori Buffon, Pirlo e Chiellini. Poca personalità nell'accontentarsi dello 0-0 (risultato che premiava gli azzurri) e nella mancanza di reazione dopo il gol di Godin. Nella partita di oggi c'è stato di tutto: la sostituzione a metà gara di un deludentissimo Balotelli, un discutibile cartellino rosso a Marchisio, un rigore non concesso all'Uruguay e un morso di Suarez a Chiellini. Sta di fatto che l'Uruguay passa agli ottavi di finale della Coppa del Mondo, mentre noi torniamo a casa col capo chino, pieni di recriminazioni e rimpianti. Rimpianti riguardanti le convocazioni, la logistica del ritiro azzurro, la formazione schierata, i cambi a partita in corso... 


Prandelli, nelle parole post gara, ha parlato del clima attorno alla squadra, di essersi sentito definire un ladro che ruba i soldi...la realtà è che l'ex tecnico della Fiorentina doveva dimettersi perché il suo progetto tecnico-tattico è fallito, il rapporto con la squadra si è rotto, perdendo cosi il controllo su di un gruppo che forse già dall'inizio della competizione brasiliana non ne condivideva più le idee.

Dispiace vedere i 4 volte campioni del mondo andare alla deriva cosi, senza un minimo di orgoglio, senza idee, senza tiri in porta, senza cuore. Balotelli è l'emblema del moderno calcio italiano: montato, svuotato, triste, privo di umiltà, superficiale. Come il nostro calcio, anche Balotelli si perde in un bicchier d'acqua, continua ad avere un potenziale che forse non riuscirà mai a dimostrare veramente. 
Le idee di Cesare erano lodevoli: uscire dal classico catenaccio-contropiede all'italiana, inculcare una idea di gioco alla squadra, cercare il possesso palla e la vittoria in ogni partita, indipendentemente dagli avversari. Tutte cose che in Brasile non abbiamo visto. Soltanto nella prima gara siamo stati capaci di unire gioco e praticità, complice anche la serata di grazia di alcuni (Candreva e Balotelli ad esempio), che purtroppo non si è ripetuta. Probabilmente l'Italia non è in gardo di snaturarsi, di mutare un gioco che da troppi anni ormai mette in pratica. Il possesso palla continuato è utile se poi verticalizzi, se hai una prima punta che dà profondità, se i centrocampisti accompagnano l'azione offensiva...altrimenti diventa uno sterile possesso palla he non fa altro che contribuire a renderti lento e prevedibile. 

Una delle critiche rivolte a Prandelli riguarda le convocazioni. Trovo estremamente facile criticare le scelte del ct nel momento in cui veniamo sbattuti fuori dalla competizione. In questi venti giorni nessuno (o pochissimi) ha acceso il microfono o impugnato la penna per dire che Cassano doveva restare a casa, che Balotelli non meritava di essere al centro del progetto, che Rossi e Destro dovevano partire per il Brasile ecc... l'onestà intellettuale impone che non si cominci adesso a dire tali cose, anche se condivisibili. Era oltremodo prevedibile che Cassano, considerando i molti gradi e l'elevata umidità, avrebbe faticato non poco a correre e dare ciò che si aspettava Prandelli. Era facile immaginare che Balotelli si sarebbe rivelato per l'ennesima volta un mezzo grande giocatore, più campione sui social che sul rettangolo verde. Tutte cose semplici e vere, che però dovevano essere dette prima. 

Dopo la pessima figura torniamo a casa e rimangono soltanto le macerie attorno agli azzurri, ma anche attorno a tutto il calcio italiano:  povero di giovani e ricco di "vecchi", povero di italiani e ricco di stranieri (che spesso non hanno niente in più dei nostri). 
Rimane un calcio che non è più competitivo a livello europeo e mondiale, e ne è la miglior dimostrazione la Juventus, schiacciasassi in Serie A e sbeffeggiata in Champions League. Persiste un paese immobile di fronte ai propri problemi: stadi obsoleti e fatiscenti che, anno dopo anno, si svuotano sempre più. E nessuno fa niente. Nessuno sa cosa fare per porre rimedio a tutto questo. Troppo semplicistico dire "ripartiamo dai vivai", si deve fare. Il tempo delle parole è ormai concluso. La disfatta mondiale ci dà una occasione più unica che rara: cancellare tutto, azzerare gli errori e ripartire con nuovi uomini, regole migliori e ritrovati valori.

Fiorentina, tre mosse di mercato da non fare

In queste ore, nonostante sia in corso il Mondiale brasiliano, tiene banco il mercato. Molti gli affari in cui la Fiorentina sembra inserita e pronta ad operare con i suoi due uomini di mercato Pradé-Macia, con il benestare di Andrea Della Valle. Per il momento sono stati due i colpi messi a segno dai direttori viola: Tatarusanu, gigante portiere rumeno ex Steaua Bucarest, e l'importante acquisizione dell'intero cartellino di Juan Cuadrado. Il colombiano proprio in questi giorni sta disputando il campionato del mondo, dimostrando anche ai più scettici tutto il suo valore. Ovviamente, però, la novella Cuadrado non è ancora finita. Sull'esterno, infatti, ci sono alcune delle squadre più blasonate al mondo (Barcellona, Bayern Monaco e Arsenal su tutte), pronte ad acquistare immediatamente la vespa viola per una cifra che si aggira sui 30-35 milioni.
Innanzitutto, credo sia necessario ridimensionare un po' il valore del giocatore. Se è vero che Cuadrado è uomo capace di spaccare le partite, terrorizzare le difese, fare gol e servire assist, non soltanto in un campionato, ahimé, sempre più scarso ma anche in una competizione mondiale, allora il suo valore non può che essere più elevato. Questo appare ancor più vero se si dà una occhiata alle pazzesche cifre che vengono spese nel mercato (per giocatori meno forti del nostro Cuadrado oppure per difensori, forti ma pur sempre difensori).
Sono tanti quelli che in questi giorni sperano nella permanenza di JC11 a Firenze, riuscendo cosi a vedere realizzato il sogno di schierare in campo il tridente Cuadrado-Rossi-Gomez. II tifosi (o almeno una parte di loro) credono che questo sogno sia più che possibile, soprattutto ricordando quanto ADV sia uomo di polso duro e di parola. Con Toni prima e Jovetic poi, il Presidente si impuntò e li convinse a restare in riva all'Arno per un altro anno, con la promessa di liberarli per una cifra adeguata l'anno successivo. Questo potrebbe succedere anche con Cuadrado? Non c'è dubbio che Andrea potrebbe mettere in campo la sua volontà di trattenere il giocatore, di far valere un contratto che lo lega ancora a Firenze, però credo che i casi di Toni e Jojo fossero un po' diversi da questo. Il bomber voleva andarsene dopo una stagione stratosferica, che gli valse il titolo di capocannoniere della Serie A e addirittura la Scarpa d'oro. La stagione successiva, però, fu segnata dalla ampia penalizzazione per la Fiorentina. Della Valle, quindi, potè giocare la carta del futuro della squadra viola. Iniziare il campionato con il peso di quella penalizzazione senza il bomber principe, sarebbe stato un suicidio. E Luca restò un anno in più.
Anche il caso di Jovetic fu in parte diverso: il montenegrino espresse la volontà di lasciare Firenze per approdare a Torino sponda bianconera. Smacco non da poco per una società fortemente ostile al club della famiglia Agnelli. ADV quindi parlò con il ragazzo, gliu spiegò le sue ragioni e lo convinse a restare un'altra stagione con la promessa di liberarlo per una grandissima squadra europea. Cosi è stato perché nella stagione successiva il talento montenegrino vestì la maglia del Manchester City.
Le difficoltà di cercare paralleli tra quanto accaduto ieri e quanto invece potrebbe accadere oggi o domani, preclude la possibilità di vedere ancora il colombiano in maglia viola? Assolutamente no, ma i paragoni non credo siano calzanti. Vendere oggi il numero 11 sarebbe un grandissimo errore. Prima di tutto perché le cifre riportate dai giornali nostrani non sono tali da paventare un guadagno cosi elevato per la società viola, che quindi non potrebbe rinforzare a dovere la squadra. Inoltre perché giocatori del calibro di Juan, a giro per il mondo, pur disponendo di una buona cifra da investire, non ve ne sono. Infine, la cessione di Cuadrado rappresenterebbe una ammissione di debolezza da parte della Fiorentina. Una squadra che vuole crescere e ambire a traguardi sempre più prestigiosi non può assolutamente privarsi di un giocatore unico nel suo genere come è la vespa viola, neanche per una offerta cosiddetta folle o irrinunciabile. I fratelli Della Valle non hanno necessità di vendere, tanto meno di svendere, quindi Cuadrado deve restare a Firenze almeno un'altra stagione e contribuire (insieme all'agognato tandem offensivo Rossi-Gomez) a portare in alto la Viola, magari in quell'Europa che conta che da troppo tempo oramai manca ai tifosi gigliati.

Detto della situazione del forte esterno della Fiorentina, la seconda mossa che i dirigenti viola, secondo il mio modesto parere, non dovrebbero commettere è quella di cedere Stefan Savic. Il difensore classe 1991 è molto richiesto, soprattutto in Inghilterra, dove evidentemente lo conoscono bene. Secondo molti potrebbe essere lui la pedina da sacrificare per rinforzare l'organico della squadra. 13 milioni (questa la cifra di cui si parla in questi giorni) per un difensore non sono assolutamente pochi, è vero, ma siamo certi che con tale cifra riusciremmo a prendere un giocatore superiore al montenegrino? Siamo sicuri che a giro ci siano giovani e bravi difensori che facciano al caso della Fiorentina? Anche per lui valgono le ragioni dette per Cuadrado: se Della Valle ha realmente la voglia e l'intenzione di  rafforzare la squadra e puntare dritto al primo trofeo della sua gestione, Savic è un elemento del quale non dovrebbe privarsi. Piuttosto dovremmo concentrare gli sforzi per migliorare gli esterni di difesa e le alternative ai titolari (Gonzalo e Savic, appunto).

E giungiamo cosi alla terza mossa di mercato da non sbagliare: Pizarro e il suo vice.
Tra pochi giorni il contratto del cileno con la Fiorentina scadrà, e ancora non è dato sapere quale sarà il suo futuro. Sta di fatto che la società dovrà muoversi in tutti i casi: se il centrocampista dovesse partire, occorrerebbe un suo sostituto; se invece Pizarro rimanesse ancora viola, e questo potrebbe determinare il conseguente errore, sarà comunque necessario muoversi sul mercato per cercare e trovare un suo vice, un giocatore che abbia le sue stesse caratteristiche (più o meno), in modo da farlo rifiatare senza però cambiare gioco o perdere troppo in termini di palleggio, possesso palla, fluidità in mezzo al campo.
Pizarro, infatti, in questa stagione, ma soprattutto nella prima di Montella, si è dimostrato un giocatore fondamentale per la squadra, uomo in grado di accendere la luce di un centrocampo altrimenti un po' spento, lento, carente di geometrie. Non è un caso che Vincenzo chieda ormai da un anno e mezzo di acquistare un vice Pizarro: il tecnico campano sa benissimo che il gioco passa sempre dai suoi piedi e viene determinato dalle sue condizioni fisiche e psicologiche.
Iniziare la stagione senza avere un vice Pizarro potrebbe essere un errore fatale per una squadra che, soprattutto nell'anno post Mondiale, può essere la sorpresa del campionato.

giovedì 19 giugno 2014

La caduta degli dei spagnoli

In molti si aspettavano che la Nazionale spagnola non sarebbe riuscita a bissare il successo del 2010, nessuno però avrebbe mai immaginato che dopo solamente due giornate i campioni di tutto sarebbero già stati fuori dal Mondiale brasilano. Perdendo la seconda partita consecutiva dopo quella con l'Olanda di Robben, la roja riceve uno schiaffo morale veramente difficile da incassare. Iniesta e compagni non sono stati capaci di impensierire la nazionale allenata da Van Gaal prima e il Cile poi, mostrandosi scarichi, sulle gambe, non pungenti. 
Tra la conquista del titolo e una uscita dalla coppa cosi ingloriosa può, e deve, esserci una giusta via di mezzo. Una squadra che può vantare Casillas, Piqué, Sergio Ramos, Xavi, Iniesta, Diego Costa e molti altri, non può prestarsi ad una figura cosi brutta contro squadre che sulla carta sono inferiori.

Analizziamo i possibili motivi di questa debacle:
Ciò che possiamo immediatamente osservare è il fatto che la squadra è composta da molti giocatori di Barcellona e Real Madrid. Potremmo dire che vi sono due anime, due blocchi principali. Il blocco del Barça già con la squadra di club è apparso in netto calo psico-fisico. E' normale che Xavi, arrivato ad una certa ètà e dopo aver vinto tutto, si sia un po' fermato e mostri il logorio del tempo. Piqué ormai da due anni non è più il difensore centrale insuperabile che avevamo imparato a conoscere. Jordi Alba è certamente un ottimo elemento ma non può fare la differenza in un Mondiale. Iniesta è apparso un po' sotto tono, ma forse è stato il migliore tra i catalani.
Il blocco del Real, invece, avrebbe dovuto essere in una annata di grazia dopo la bella vittoria in Champions League. Invece non si è rivelato minimamente all'altezza della competizione (vedi Casillas su tutti). Probabilmente sono stati un po' troppo esaltati per la vittoria con i blancos, che a conti fatti è soprattutto merito di Cristiano Ronaldo. Purtroppo per loro, però, CR7 è portoghese, non spagnolo. Forse questa incredibile stagione è stata più stancante di quel che si pensasse, basti ricordare l'incredibile cammino dell'Atletico Madrid di Diego Simeone. 
Possiamo dare la colpa di questo flop alla sola stanchezza di un gruppo? Oppure all'inevitabile declino di alcuni giocatori? Non credo. Possiamo parlare di fine del tiqui-taca?  E' la fine di un ciclo?
Credo che nessuno possa rispondere con assoluta certezza a tali quesiti, molto probabilmente la figuraccia mondiale della squadra allenata da Del Bosque è figlia di tante cause, di tanti fattori negativi. Come detto e scritto molte volte, il tiqui-taca è producente se e solo se gli uomini che lo interpretano sono al top della condizione fisica e psicologica. Troppo facile per una squadra come l'Olanda chiudersi, aspettare di riconquistare palla e colpire in contropiede la Spagna se i suoi uomini chiave sono stanchi, lenti, imprecisi e apparentemente privi di stimoli. Sulla base di queste considerazioni, ritengo che la filosofia nata con Guardiola al Barcellona, e utilizzata (anche se non completamente) dalla Nazionale spagnola, non veda la sua conclusione con questo annus horribilis (ricordiamo le brutte stagioni di Barcellona e Bayern Monaco, per quest'ultimo soltanto in Champions). Certamente è una strategia di gioco che richiede un elevato dispendio di energia, molta concentrazione, velocità e precisione dei passaggi e un minimo di cinismo in attacco, tutte cose che sono mancate in queste due prime partite in Brasile. L'augurio è che almeno nell'ultimo match si veda un po' di orgoglio e amor proprio, perché tornare a casa avendo sulle spalle tre sconfitte in tre partite sarebbe davvero una macchia difficile da cancellare.

Concludo esprimendo il mio personale dispiacere per le tristi prestazioni che la squadra campione d'Europa e del mondo ha sfoderato. Il mio amore per il (bel) calcio supera di gran lunga la nazionalità o le bandiere, è quindi normale che abbia gioito negli anni passati per i tanti successi di questa generazione di calciatori capaci di vincere tutto mostrando un gioco brillante, fatto di possesso palla, occasioni da gol, tocchi di prima...insomma tecnica alla stato puro. In uno sport, il calcio, in cui sempre più conta la forza muscolare, vedere in campo 11 giocatori che con la sola tecnica battono squadre più attrezzate dal punto di vista fisico, ha rappresentato per me un'oasi di bellezza e poesia. Come del resto è stato con il Barcellona di Pep. Esattamente come per i blaugrana, anche per la Spagna mi auguro che questa sia soltanto una tappa, forzata e obbligata, che condurrà a tanti altri successi. In fondo, se abbiamo detto che alcuni giocatori sono nella fase discendente della loro carriera, altri sono in piena maturazione e molti altri stanno crescendo nelle giovanili. Quindi non sorprendiamoci troppo se tra due o quattro anni racconteremo di una Nazionale tornata ad alzare coppe prestigiose.