domenica 24 maggio 2015

Palermo fucina di talenti

Giunti al tredicesimo anno di presidenza Zamparini, è ora di fare bilanci. Uno degli aspetti più interessanti riguarda senza dubbio la grande capacità della società di scoprire talenti, in Italia come in ogni parte del mondo.
Il primo in ordine di tempo ad attirare l'attenzione del club siciliano fu Luca Toni, che a Palermo giocò per due stagioni. Alle dipendenze di Zamparini, Toni segnò come mai aveva fatto in carriera: cinquantuno reti in poco più di ottanta presenze complessive. Nel 2005 Luca lasciò la Sicilia per approdare a Firenze alla corte di Cesare Prandelli, ma i tifosi non attesero molto prima di rivedere un grande centravanti. Due anni dopo, infatti, in rosanero approdò Edinson Cavani, uno dei più importanti e famosi talenti passati da lì, prototipo dell'attaccante moderno: rapidità e potenza, fiuto del gol e spirito di sacrificio innati. La società fu abile a scovare 'El matador' nel Danubio, club di Montevideo, e a portarlo in Italia, dove collezionò trentaquattro reti nelle prime tre stagioni. 
La definitiva consacrazione del bomber uruguaiano avvenne con il Napoli di De Laurentiis, prima di passare al Paris Saint-Germain per una cifra stratosferica.
Nel frattempo gli uomini mercato del focoso Presidente continuarono l'operazione di monitoraggio in cerca di giovani talenti su cui puntare. La ricerca portò i suoi frutti, perché nel 2009 un argentino di appena vent'anni, soprannominato in patria 'El Flaco' a causa del suo fisico asciutto, cominciò a muovere i primi passi sul terreno dello Stadio Renzo Barbera. Quel giovane era Javier Pastore, calciatore che si mise in evidenza per la classe cristallina e l'affascinante eleganza dei movimenti, e che dopo due stagioni (condite da sedici gol e sedici assist totali) abbandonò la terra siciliana per trasferirsi all'ombra della Torre Eiffel. 
Il 2010, invece, fu l'anno dell'arrivo in Italia di Josip Ilicic. Scoperto da Walter Sabatini, che lo prelevò dal Maribor ancora ventiduenne, 'Jojo' (soprannome che ai tifosi viola ricorda un pupillo della storia recente della Fiorentina) si dimostrò fin da subito elemento introverso ma dotato di eccezionali colpi. Nelle tre stagioni a Palermo, Ilicic si caricò il peso della squadra sulle spalle, segnando ventinove gol e diventandone uno degli uomini più rappresentativi.
Oggi questi giocatori rappresentano per i tifosi rosanero soltanto dei bei ricordi, ad animare i loro sogni infatti ci sono soprattutto Franco Vazquez e Paulo Dybala. Entrambi argentini, fantasisti e inseguiti dalle grandi della Serie A (e non solo). Il primo, classe 1989, portato nel nostro paese nel gennaio del 2012 dal Belgrano de Cordoba per poi essere girato in prestito in Spagna, al Rayo Vallecano, trovò un po' di continuità nella squadra di Zamparini la stagione successiva, dove in Serie B collezionò quattro gol e cinque assist in meno di venti presenze.
Dybala, quattro anni più giovane del compagno, soprannominato in Argentina 'La Joya' cioè il gioiello, in questa stagione sta dimostrando tutto il suo valore a suon di gol e giocate da campione. Palermo ha già adottato il giovane Paulo, chiamato affettuosamente 'U Picciriddu', ma i tifosi dovranno rassegnarsi a vederlo partire e vestire più prestigiose casacche. Quella della Juventus. Contro la Fiorentina dovrebbe scendere in campo per l'ultima gara con la maglia rosa ed il saluto del Barbera.
Di Maurizio Zamparini negli anni si sono dette molte cose: l'impulsività e l'esplosività sono tra le caratteristiche più evidenti, ma quando si tratta di scoprire giovani talenti nascosti in qualche remoto angolo del mondo (nonché valorizzarli e monetizzare) merita un grande plauso. Una capacità, quella di scovare giocatori uno dietro l'altro, che è seconda soltanto alla velocità con la quale liquida i suoi allenatori.

giovedì 30 aprile 2015

Empoli VS Napoli, la sfida tra Sarri e Benitez

Campionati e Coppe con squadre italiane, inglesi e spagnole da una parte; una panchina d'argento per la stagione 2013/14 dall'altra. 
Nel calcio, si sa, i risultati e i trofei valgono più di tutto il resto e quindi alcuni avranno la tentazione di pensare che tra i due non ci sarà storia: Sarri, come un piccolo David, alle prese con il gigante Benitez. Ma non è così.
Da tempo oramai abbiamo imparato ad apprezzare lo stile di gioco – nonché le imprese – di Maurizio Sarri, napoletano di nascita ma toscano di adozione che ad Empoli ha fatto vedere cose strepitose e sta trascinando la sua squadra verso la salvezza. Del resto, è storia recente la grande lezione di calcio che il tecnico ha inferto agli azzurri nella gara di andata, rallentandone la corsa (allora si parlava di Scudetto) ed evidenziandone tutte le lacune sul piano tattico. 
Con un gioco fatto di possesso palla, velocità, mix di esperienza e gioventù l'Empoli sta collezionando elogi e punti: i pareggi contro Milan, Fiorentina, Inter e Roma, l'ampia vittoria contro il Palermo e soprattutto il 2-1 del Castellani contro la Lazio, oggi seconda in classifica, sono i punti più alti del campionato di un Empoli che in pochi si sarebbero aspettati così bello.
A contendere la vittoria ai ragazzi di Sarri giovedì sera ci sarà una squadra, il Napoli, che nelle ultime partite ha ripreso a viaggiare su ritmi altissimi, strapazzando prima la Fiorentina, poi il Cagliari e infine la Sampdoria. La banda guidata da Benitez vuole centrare il terzo posto che vuol dire Champions League, visibilità europea, denaro per rinforzarsi ulteriormente ed è quindi lecito aspettarsi una gara combattuta a suon di belle azioni e grandi colpi.
Ma quella in scena nel posticipo della trentatreesima giornata di Serie A non sarà soltanto la sfida tra due ottimi allenatori, ma anche tra due uomini che in questo momento sono al centro del mercato: Benitez è sempre più distante dalla riconferma e soltanto in caso di vittoria dell'Europa League si aprirebbero finestre di dialogo e di riconciliazione con la proprietà. Lo spagnolo sarebbe disposto a restare sulla panchina del Napoli solo a fronte di investimenti pesanti e la certezza di poter competere per traguardi sempre più ambiziosi. L'appeal internazionale dell'ex allenatore di Valencia, Liverpool e Inter non è in discussione, molti top club potrebbero fare più di un pensierino su di lui in caso di divorzio con De Laurentiis, primo su tutti quel Manchester City pieno zeppo di campioni ma (troppo) lontano dalla vetta della Premier League. 
Sarri, invece, è entrato di diritto nei radar di squadre importanti, conquistando quello spazio mediatico che difficilmente si sposa con il suo essere 'antidivo': schivo nei confronti delle telecamere, con la sua sigaretta in bocca, si limita a far giocare una squadra che spesso e volentieri mette in mostra un calcio scintillante, cercando di evitare le copertine dei giornali e lasciando la gloria ai propri giocatori. Nonostante questi aspetti del suo carattere, Sarri è il primo nome nell'agenda di Galliani per il dopo Inzaghi. Grazie ad una idea di calcio basata sulla volontà di imporre il proprio gioco ovunque, l'impegno nel puntare su giocatori italiani e la prospettiva di non aggravare il bilancio del club, i rossoneri sono rimasti letteralmente stregati dal tecnico dell'Empoli, tant'è che c'è stato un primo incontro tra l'ad del Milan e il presidente Corsi. Un allenatore che ricorda un'altra epoca per cercare di tornare ai fasti del passato, questo l'intento della società milanista dopo una stagione decisamente negativa. 
Tanti quindi gli spunti per la gara del Castellani tra Empoli e Napoli, primo fra tutti il confronto tra due filosofie calcistiche belle ma diverse: Benitez con il suo gioco europeo, come dimostra l'ottimo percorso in Europa League, e Sarri quale uno dei migliori rappresentanti di un calcio italiano voglioso di riconquistare credibilità e trofei.

lunedì 23 marzo 2015

Barça, vittoria e allungo (forse decisivo) sul Real Madrid.

Il Barcellona vince senza incantare e allunga in campionato sui rivali del Real Madrid. Non è stato il miglior Classico della storia, ma abbiamo comunque goduto di alcuni colpi di pregevole fattura. La squadra di Luis Enrique si conferma una seria candidata al titolo finale, nonostante per lunghi tratti siano stati i blancos a condurre il gioco e a far tremare la porta difesa da Bravo. 
Proprio su queste pagine, meno di cinque mesi fa, cercai di infondere fiducia dopo la sconfitta del Barcellona per mano di Carletto Ancelotti. L'ottimismo nasceva dal fatto che, essendo un progetto nato da poco, le cose in casa Barça potessero soltanto migliorare. E cosi è stato. Dopo il match di fine ottobre, i catalani hanno disputato 32 partite tra Liga, Coppa del Re e Champions League. Di queste, 28 sono state vittorie (quindici in campionato, otto in coppa e cinque in Champions), accompagnate da 1 pareggio e 3 sconfitte. Impressionante il numero di gol segnati, 100, cosi distribuiti: 57 in Liga, 31 in Coppa del Re e 12 in Europa. Le reti incassate da Bravo e Ter Stegen, invece, sono 21. Numeri che la dicono lunga sullo stato fisico e psicologico della squadra, ma che divengono ancora più eloquenti se comparati con quelli del Real Madrid. La banda di Cristiano Ronaldo, nelle stesse competizioni, ha disputato 26 gare, delle quali 20 terminate con il successo, 2 pareggiate e ben 6 perse. Anche in termini di gol la differenza tra le due corazzate è notevole: le reti fatte dai 'Galacticos' sono 67, mentre quelle subite 25.
Se prendiamo in considerazione le medie punti a partita delle due formazioni (prima e dopo il 25 ottobre), vediamo che il Real Madrid viaggiava ad una media di 2,46 punti a incontro, mentre nelle ultime 28 gare il rendimento è sceso a 2,21. Il Barcellona, invece, prima del Classico di ottobre aveva una media di 2,55 punti a partita, mentre dopo il match del Bernabeu di 2,58. Per una squadra che è cresciuta, quindi, ce n'è stata una che ha perso qualcosina per strada. 
Analizzando il rendimento dei due uomini simbolo, Messi e C. Ronaldo, possiamo vedere  che l'argentino ha realizzato 9 gol prima di affrontare il Real Madrid e 34 nelle ventinove partite successive, viaggiando ad una media di 0,75 prima e 1,17 poi. L'asso portoghese, invece, ha timbrato il cartellino ben 18 volte nelle prime dieci partite, per poi realizzare altri 21 gol nelle ventiquattro gare successive. La media gol a partita di CR7 è quindi 1,8 a fine ottobre e 0,88 dal Classico ad oggi. Anche per i singoli, come per la squadra, c'è stato un notevole cambio di marcia tra Barça e Real.
I numeri hanno la capacità di spiegare tanto, tantissimo ma non tutto. Al resto ci pensano le magie di Neymar, i gol del ritrovato Suarez, l'ottimo rendimento dei due portieri impiegati da Enrique, il grandissimo impatto di Rakitic a centrocampo e molto altro. 
Ha ragione chi dice che ieri sera al Camp Nou il Real Madrid a tratti ha fatto la partita, rischiando anche di vincerla e mostrando un altro passo rispetto agli avversari, però nell'analisi della gara è necessario tenere ben presente la settimana di preparazione al match: Messi e compagni hanno dovuto sbarazzarsi del City in una partita non complicatissima ma comunque dispendiosa, mentre il Real ha potuto riposare e concentrarsi sullo scontro diretto. Un fattore, quello della Champions, che sappiamo influenzare molto l'andamento in campionato delle squadre impegnate e che sicuramente ha condizionato la tenuta atletica di Luis Enrique. Ciò detto, i catalani hanno avuto la forza di andare in vantaggio, rispondere al gol del pareggio con una prodezza del numero 9 e vincere una partita fondamentale per il prosieguo della stagione.
Il Barcellona non è più quello di Guardiola, la squadra ossessionata dal possesso palla, è un gruppo di giocatori che fa sicuramente della tecnica l'arma migliore ma che sa quando deve chiudersi, sa soffrire, è capace di ripartire in contropiede. Forse rimane meno negli occhi di chi lo guarda, ma è senz'altro in grado di restare nei cuori dei molti sostenitori per il percorso che sta facendo: i blaugrana hanno la Liga in mano (+4 sul Madrid), sono ai quarti di finale di Champions League dove incontreranno il Paris Saint-Germain (e poteva forse andare peggio) e affronteranno l'Athletic Bilbao in finale di Coppa del Re. 
Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per fare un finale di stagione meraviglioso e tornare a primeggiare, in Spagna cosi come in Europa.

venerdì 6 febbraio 2015

PRESENTAZIONE SALAH: "Voglio vincere con la Fiorentina"

Oggi è il turno di Mohamed Salah presentarsi in conferenza stampa. Queste le parole dell'egiziano proveniente dal Chelsea: "Il campionato italiano è di assoluto livello e credo che chi lascia l'Italia lo fa per ampliare i propri orizzonti e fare nuove esperienze".
Sul suo ruolo in campo: "Ho giocato nel Basilea come ala destra e sinistra nel 4-3-3 ma ho giocato anche come seconda punta".
Sui giocatori italiani ai quali si ispira: Ci sono tanti giocatori ai quali mi ispiro. Su tutti Totti, Del Piero e Batistuta".
Sul ritorno al Chelsea: "Non ho intenzione al momento di rientrare al Chelsea. Vorrei vincere più di un campionato e far bene con la Fiorentina".
Sulla scelta del numero: "Mi sembrava doveroso scegliere il 74 per la tragedia che ha colpito il mio paese nell'ultimo periodo a Port Said".
Su Mourinho: "Ho parlato con lui per chiedere di lasciare il Chelsea e sono stato accontentato".
Sugli atteggiamenti nei confronti del Maccabi Tel Aviv: "Ho giocato le due partite senza problemi. Non ho mai dichiarato quello che è uscito sui giornali ma non mi va di parlare di queste cose. Sono state invenzioni della stampa".
Su Cuadrado: "Ci sono molti aspetti nei quali devo migliorare. Cuadrado è un grande giocatore, lo stimo molto. So che era molto amato da Firenze e spero presto di entrare anch'io nel loro cuore".
Sul problema della lingua: "Nelle mie due precedenti esperienze europee parlavo sempre in inglese. Comunque spero di imparare presto la lingua italiana e penso che già da lunedì mi metterò a studiarlo".
Sulle prime impressioni di Firenze: "Prima di venire a Firenze ho avuto modo di parlare con Hegazi e mi ha spiegato tutto della città e della squadra. Mi trovo già bene col gruppo e la città è fantastica".
Sull'inserimento nella lista Uefa: "Sono contento e triste allo stesso momento. Mi dispiace per i giocatori che sono stati esclusi ma sono comunque felicissimo di questa scelta del mister".
Sulla scelta della Fiorentina: "Ci ho pensato un po' ma poi la mia scelta è ricaduta sulla Fiorentina. C'erano altre squadre, lo so, ma adesso sono qui e non vedo l'ora di iniziare".
Sulle condizioni fisiche: "Sono qui per giocare e il mio intento è quello di farlo sempre. Spero di essere pronto già per la gara di domenica".

giovedì 5 febbraio 2015

PRESENTAZIONE ROSI: "Fiorentina un sogno. Qui con voglia e umiltà"

Aleandro Rosi, nuovo acquisto della Fiorentina, si è presentato alla stampa e ai tifosi viola con queste parole: "Per me è un sogno. Arrivo con grande voglia, grande volontà e umiltà. Mi metto a disposizione e ce la metterò tutta. Il modulo ideale per me è il 3-5-2. 
I viola affrontati da avversario? Con il Genoa è stata una gara molto equilibrata, con molte occasioni, mentre a Roma ho visto che hanno fatto un grande risultato e una grande partita. L'anno scorso già si parlava di un'eventualità con la Fiorentina, poi è successo tutto in fretta. Per me è un regalo, una grande opportunità, e cercherò di dare il massimo. Ringrazio tutti, da Pradè a Montella che mi conoscono, sono qui per dare il massimo.
La vittoria sulla Roma da ex giallorosso? Il giorno prima ero a casa, poi mi sono ritrovato in panchina a osservarli. E' stato molto bello, e poi c'è stato un grande risultato. Esordire così è stato magnifico. Dispiace per la Roma, ma sono a Firenze e penso solo alla Fiorentina. Nella mia carriera ho cercato di dare sempre il massimo, non so se ci sono sempre riuscito. Ma questa rimane una grande opportunità, Montella mi conosce e sono pronto a sputare sangue per questa squadra. 
Montella? L'ho sentito il giorno della firma, e il fatto che mi abbia detto di venire subito non ha fatto altro che darmi ulteriore stimolo ed entusiasmo. Sotto questo profilo è cominciata benissimo questa avventura. 
Gli allenamenti? In questo giorno sto imparando a capire come lavora questo gruppo. A Genova si lavorava molto sull'aspetto fisico, ma conoscevo già Montella e i suoi metodi di lavoro, quindi conto di potermi inserire subito al meglio. 
Obiettivi? Lavoriamo giorno per giorno, la Champions sarebbe un bellissimo obiettivo. Permettetemi, però, di ringraziare in chiusura in particolare la famiglia Della Valle che mi ha regalato questa grande opportunità".

venerdì 30 gennaio 2015

MONTELLA: "Cuadrado via? Mi dispiace ma era inevitabile"

Vincenzo Montella ha parlato in conferenza stampa nel giorno dell'addio di Cuadrado a Firenze e alla vigilia di Genoa-Fiorentina.
Queste le parole del tecnico sulla partenza del colombiano: "Sono sincero, era una situazione inevitabile: da allenatore mi dispiace ma a livello tecnico se è stato pagato così tanto vuol dire che ne valeva la pena. Arriverà un giocatore come Salah che si dovrà adattare al nostro calcio, un campionato che è diverso da quello svizzero e quello inglese; Cuadrado sa fare anche più ruoli rispetto a lui. Servirà un vice-Joaquin se vogliamo giocare con il 3-5-2, altrimenti dovremo cambiare schema di gioco ma sarebbe un peccato".

Sulle eventuali distrazioni: "Non è colpa di nessuno, non dobbiamo assolutamente essere distratti e non avere alibi. Domani servirà la massima attenzione".

Su Salah: "E' un giocatore che garantisce la copertura della fascia nel 4-3-3 e la seconda punta, è un giocatore top però. Mi auguro che si possa trovare un quinto di centrocampo anche se trovarlo del livello di Cuadrado è difficile".

Su Gilardino e Diamanti: "Conoscono il nostro campionato, sono in grado di giocare".

Sulla condizione della squadra: "Badelj è recuperato, Aquilani non sarà tra i convocati: ha fatto solo metà allenamento ieri. Il Genoa ha caratteristiche diverse da noi, dovremo adattarci a loro che hanno giocatori di corsa. Dovremo essere più bravi di loro ad indirizzare la partita".

Ancora su Cuadrado: "Ci ha sempre dimostrato gioia nel giocare e professionalità. Sono contento per lui perché è andato a giocare in una squadra di grande livello".

Sui tanti big andati via dall'Italia: "Oggi sono un po' più triste ma il calcio è questo, ci sono risorse in altri campionati, è un dato di fatto. Il nostro appeal è diminuito".

Sulle parole di Raiola e Babacar: "Rispetto sempre le opinioni altrui, specie quando sono disinteressate... Babacar ha avuto il suo spazio. Il senegalese e Gomez insieme? Dipende dalla partita, sicuramente sono calciatori che possono coesistere".

Sugli obiettivi della squadra: "Io sono sempre fiducioso".

Su eventuali cambi in lista UEFA: "Due sono usciti e due entreranno, ci sono due esclusi che per quello che hanno fatto in campionato meritano di essere inclusi (Joaquin e Mati Fernandez, ndr)".

Su eventuali centrocampisti: "Non basta un centrocampista per cambiare modulo".

Sui pericoli della gara di domani: "Temo molto il Genoa, sta bene fisicamente ed ha idee: mi aspetto una gara diversa rispetto all'andata dove c'è stato un monologo".

Sulla rabbia del Genoa per i torti arbitrali: "Non penso che influenzerà il match, ci sarà un arbitro che a me trasmette sempre tranquillità anche se sbaglia".

mercoledì 17 dicembre 2014

Il Tottenham nel destino dei viola

Anche stavolta l'urna di Nyon non ha sorriso alla Fiorentina. Il club dei Della Valle, nonostante l'ottimo percorso europeo e il primato nel girone, si troverà ad affrontare il temibile Tottenham.
Le possibili avversarie dei viola ai sedicesimi di finale di Europa League erano molte e di differente pericolosità: si andava dal Dnipro all'Aalborg, passando per il Trabzonspor. Tutte squadre, queste, non certo irresistibili. Il destino, invece, ha voluto complicare subito la strada alla Fiorentina con un accoppiamento da brividi, se pensiamo che a febbraio i ragazzi di Montella calcheranno il manto erboso di White Hart Lane. La gara di andata, infatti, verrà disputata a Londra il 19 febbraio, mentre per vedere al Franchi Lamela e compagni occorrerà aspettare altri sette giorni. Un vantaggio, quello di giocare il ritorno tra le mura amiche, non da poco, considerando il clima caldissimo che caratterizza ogni partita del calcio inglese. 
Il Tottenham, forse ancor più del Liverpool, era un'avversaria da evitare perché autentica mina vagante: in Premier League non ha ancora battuto una big, collezionando sette vittorie, tre pareggi e sei sconfitte in sedici giornate, condite con venti gol segnati e ventidue subiti. Un ruolino di marcia non certo esaltante. Di contro, però, la Fiorentina dovrà far attenzione ad alcuni grandi giocatori presenti tra le fila degli 'Spurs', come per esempio Eriksen, Adebayor, Chadli e lo stesso Lamela, uomini in grado di accendersi improvvisamente nelle partite che contano.
Un aspetto da non sottovalutare è il diverso modo di giocare delle due squadre: gli avversari hanno grandi individualità, ma una scarsa concezione del gioco corale; la Fiorentina, nonostante possa vantare spiccate doti a livello di singoli, ha basato la sua manovra sulla collettività. Un'arma che può rivelarsi determinante, perché dove non arriva il singolo con un colpo di genio può arrivare la squadra, intesa come gruppo di calciatori dediti alla stessa causa. 
Ciò che forse dovrebbe spaventare maggiormente i gigliati è la grande intensità degli inglesi, negli ultimi anni mal digerita dal calcio italico. Se i viola riusciranno a far girare il motore ad un numero di giri più elevato del solito, potranno certamente dire la loro sul piano della tecnica e della classe. 
Tutto questo ci fa pensare ad un match tanto aperto nel risultato finale quanto spettacolare. Battere gli uomini di Pochettino significherebbe lanciare un segnale forte e chiaro a tutte le pretendenti alla vittoria finale, candidandosi di fatto tra le favorite. Intanto in città, superato il disappunto per lo sfortunato sorteggio, serpeggia un timido ottimismo e una profonda impazienza per una partita che nessuno vuole perdere: il Tottenham e le compagnie aeree che coprono la tratta Firenze-Londra sono avvertite, Firenze ci sarà!