lunedì 29 ottobre 2012

Un calcio sempre più in crisi

Ogni anno, a inizio campionato, ci auguriamo che il nostro calcio possa tornare a brillare di luce propria, possa tornare ad essere protagonista in Europa, ma negli ultimi anni, purtroppo, veniamo subito riportati alla (triste) realtà...cioè quella di un calcio italiano (almeno a livello di club) che trova non poche difficoltà nell'affermarsi. 
La passata sessione di calciomercato ha visto cessioni e addii veramente illustri: cominciamo con Alex Del Piero che dopo aver indossato per anni la fascia da capitano si è visto dare il ben servito dalla squadra torinese; poi ci sono Alessandro Nesta e Rino Gattuso che sono volati all'estero per cercare un calcio meno opprimente e stressante di quello italiano. Lo stesso Seedorf si è accasato al Botafogo, squadra brasiliana, dopo anni in cui, nonostante fosse sempre uno tra i migliori in campo, non riusciva a farsi particolarmente amare dai tifosi rossoneri.
Ma proprio nel club di Silvio berlusconi ci sono state le due cessioni più importanti del nostro calcio, cioè Ibrahimovic e Thiago Silva al Paris Saint German.
La squadra di Parigi, dopo aver fatto spesa lo scorso anno acquistando Sirigu, Pastore e Menez, ha voluto appunto i due campionissimi del Milan, per finire poi con l'asso del Napoli Ezequiel Lavezzi.
Il nostro campionato si è visto quindi scippare grandi giocatori, in alcuni casi giocatori che hanno fatto la storia della stessa nazionale italiana, e quindi diminuire di molto il tasso tecnico.
Questo, come era prevedibile, ha avuto ripercussioni anche sul cammino delle nostre squadre in Europa, dove fatichiamo sempre più a stare al passo delle spagnole, inglesi e tedesche.
La Juventus, che da quarantotto partite non conosce sconfitta in campionato ed è un rullo compressore impossibile da fermare, in Champions League ha esordito con tre pareggi consecutivi contro Chelsea, Shaktar e Nordsjaelland. Il Milan, che a dir la verità trova difficoltà anche in Italia, ha vinto a fatica con lo Zenit di Luciano Spalletti, pareggiato in casa contro l'Anderlecht e perso contro il Malaga. L'Udinese, terza squadra in Champions, non ha neanche superato i preliminari.
In Europa League diversi attori ma musica simile, in cui Lazio e Inter riescono, per il momento, a tener alto l'orgoglio tricolore, mentre il Napoli ha perso malamente le ultime due partite scegliendo di far giocare le seconde linee, privilegiando cosi il campionato.
Al termine della fase a gironi rischiamo di vedere soltanto un paio di squadre ancora in gioco nelle competizioni europee e questo ci penalizzerà anche sotto il punto di vista del ranking. Se, infatti, la Germania ha acquistato di diritto la quarta squadra in Champions, a scapito di quella italiana, continuando cosi rischiamo di vederci superare anche da altri campionati, scivolando sempre più nella mediocrità.
Riflettendoci, forse sarebbe anche giusto, alla luce di quello che è l'impegno e l'attenzione dimostrate dalle nostre squadre nei confronti delle coppe, perdere posti e far spazio ad altri paesi che magari riescono ad onorare le competizioni.
Volendo soltanto accennare a quello che è il problema degli arbitri in Italia, la crisi del calcio italiano non si ferma purtroppo alle prestazioni in Europa ma arriva fino a casa nostra ogni domenica, quando, guardando le partite della squadra del cuore, ti trovi costretto ad assistere a dei torti arbitrali sistematici.
Nessuno, dopo il 2006, sembra voler parlare della malafede degli arbitri ma una tale concatenazione di errori macroscopici, atti a favorire costantemente le big, sembra oggettivamente poco credibile. Se gli arbitri sono scarsi (e qui sorgono le domande: come possono essere cosi scarsi? e perché non dare spazio ai giovani?) com'è possibile che gli errori siano a senso unico? Forse non si tratta di malafede ma influenza mediatica? Forse di condizionamento inconscio? Bhé di qualunque cosa si tratti adesso è l'ora di trovare una soluzione. Possiamo ricorrere alla tecnologia in campo (dopo anni in cui se ne discute), possiamo rivoluzionare il mondo arbitrale con una nuova generazione di fischietti, oppure slegarli dall'influenza che li tiene ancorati al fatto che per fare carriera non si possono inemicare le grandi squadre. Quale sia il giusto modo di agire non lo so, ma sta di fatto che questo calcio va salvato, salvato da se stesso, dal business che c'è dietro e dalla poca credibilità che lo sta investendo da alcuni anni a questa parte.