C'era una volta un Mister...
Cesare Prandelli, un allenatore, un insegnante di calcio come non se ne vedono più ma prima di tutto un uomo di spessore. Un uomo di intelligenza, rispetto e bontà paragonabili a pochi altri in questo mondo ricco di ipocrisia ed inganni chiamato calcio.
E' passato ormai un anno dall'addio del Mister, uno dei più amati dell'intera storia viola, un uomo capace di infiammare i tifosi, non con Champions League o dichiarazioni alla Mourinho bensi con il bel calcio, il fair play, la crescita dei giocatori più giovani, la disponibilità verso pubblico, adetti stampa e collaboratori oltre che giocatori. Un uomo in grado di portare più volte una squadra come la Fiorentina tra le prime in classifica, scavalcando certe volte la Roma, altre il Milan e mettendoci sempre la faccia nel bene e nel male.
Nell'arco di quattro anno e mezzo Firenze (insieme ai fiorentini) si è stretta intorno a Cesare, lo ha idolatrato, certe volte al punto tale da non vedere i suoi errori, e ne ha fatto il suo simbolo. Per anni i tifosi hanno vissuto in simbiosi col Mister, pendendo dalle sue labbra e amandolo più di ogni altro giocatore o presidente. Cesare Prandelli prima di tutto e tutti. Nella mente dei tifosi (come nella mia) era facile immaginare una squadra senza giocatori importanti, ma mai senza la sua guida in panchina.
Ciò che legava la squadra, i tifosi, la città al Mister era (ed è) un amore vero, incondizionato, una specie di dipendenza verso una persona che per anni ha dato tutto alla causa viola.
Chi dice che la Fiorentina degli anni Prandelliani ha vinto “zeru tituli” ha ragione ma certe volte il bel gioco, la passione e la sportività riescono ad avere la meglio sulle varie coppe.
Nel periodo in cui Cesare Prandelli si sedeva sulla panchina del Franchi abbiamo visto decine di belle partite, alcune delle quali verranno ricordate per sempre nella mente dei tifosi, come per esempio quel Juventus-Fiorentina 2 a 3 con gol di Osvaldo nel recupero. E poi ci sono molte partite di Champions, come contro il Lione, oppure le lezioni di calcio (sia all'andata che al ritorno) inferte al Liverpool di Benitez, Torres e Gerrard. Partite memorabili, ricche di emozioni e tensione, speranze e paure. Quegli anni sembravano un sogno, eravamo davanti ad una Fiorentina protagonista in campionato e mina vagante in Champions, con giocatori del calibro di Toni, Mutu, Frey, Montolivo e poi Gilardino, Jovetic ecc.. Sembrava che tutto fosse destinato a crescere, che finalmente la viola stesse mettendo le basi per arrivare un giorno ad un'importante vittoria.
Tutto questo però altro non era che un'illusione.
Tutto iniziò a consumarsi in una fredda serata di un anno e mezzo fa all'Allianz Arena di Monaco di Baviera.
Erano gli ottavi di finale di Champions League, l'andata, e tutta la città era ferma in attesa di quella che sarebbe diventata la partita della svolta di quel campionato, di un allenatore, di una squadra.
Il Mister mise in campo la squadra in grado di giocare a testa alta e controllare bene la velocità di Robben e Ribery sulle fasce. Le squadre si studiavano e nessuna delle due sembrava nettamente superiore all'altra. Tenere testa al Bayern Monaco, in Germania, è già di per se un'impresa e se aggiungiamo errori arbitrali macroscopici, come quelli che l'arbitro Ovrebo commise quella sera, diventa davvero troppo anche per gli uomini di Prandelli. Sull' 1 a 1 l'arbitro (con collaborazione del guardalinee) si inventò un capolavoro che permise al Bayern di vincere 2 a 1 con un gol nettamente in fuorigioco.
Tutto questo scatenò le ire di fiorentini e non solo al punto tale che per il ritorno, sotto la neve, lo Stadio Artemio Franchi era gremito. Tutti volevano una vendetta sportiva memorabile.
Il freddo, la pioggia e il nevischio non fermarono i 45mila tifosi viola pronti a dare battaglia alla squadra di Louis van Gaal.
La partita si rivelò emozionante, ricca di botta e risposta tra le due squadre e caratterizzata da un sostanziale equilibrio. Gli uomini di prandelli trovarono la via del gol per ben tre volte (Vargas e doppietta di Jovetic) fissando il risultato per 3 a 1...ma solo per pochi minuti perchè un gran tiro di Robben consenti al Bayern Monaco di trovare il gol qualificazione.
Quella partita è stata la svolta, in negativo, della stagione ma anche dell'anno successivo, della Fiorentina, che da allora non ha più saputo ritrovarsi.
Cesare Prandelli fu aspramente criticato dalla società per incomprensioni e atteggiamenti che lo allontanarono dalla panchina viola fino ad approdare un anno fa su quella azzurra della Nazionale.
Un anno dopo i tifosi orfani del loro Maestro e del loro simbolo si trovano davanti ad una squadra senza gioco, senza personalità, senza grinta e carattere. Una squadra ormai spenta, in totale contrasto con il pubblico fiorentino per le incolori prove fornite nello scorso campionato. Adesso a Firenze c'è una squadra senza il suo capitano (ieri nominato Gamberini), senza il suo numero 10 (Mutu venduto al Cesena), con l'incertezza di chi sarà il portiere titolare tra i vari Frey, Boruc, Neto ecc.. con un centrocampo da inventarsi e un attacco da rinforzare. Il tutto con l'aggiunta di un allenatore, Sinisa Mihajlovic, che in un campionato intero non è stato capace di trovare il suo modulo, i suoi uomini, il suo gioco.
Un anno dopo Cesare Prandelli ci troviamo davanti ad una doverosa ricostruzione da fare ma che tarda ad essere fatta, e non solo a livello di squadra ma anche di comportamenti tenuti in questo anno. E' stata davvero la cosa giusta lasciar andar via Mister Prandelli, dopo aver detto di voler diventare il nostro Ferguson, trattandolo come un traditore o un menzognero?
Forse non era il caso rinnovare la squadra, dati i brutti risultati in campionato dopo quella partita col Bayern Monaco, ma lasciando in panchina uno degli allenatori più bravi in circolazione?
Spero che la società si interroghi su questo e non abbia già catalogato questa vicenda come passata perché tutto quello a cui siamo andati e stiamo andando incontro in questo momento è frutto di quanto accaduto un anno fa.
Sono sicuro che i tifosi, ormai sempre meno vicini alla squadra, rimpiangono i cori al Mister, gli striscioni con scritto: “Spettatori del Prandelli Show”.
Nella vita, come ci insegna Antonello Venditti in una sua canzone, "certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano"; magari questo è il caso di Cesare Prandelli e Firenze...un amore forse destinato un giorno a rinascere.